Del Piero ha
firmato per il Sydney Football club. Sarà uno Sky blue, gentilizio del club, come da tradizione anglosassone.
Il giro del mondo in 80 squadre è terminato a otto
ore di fuso orario dal meridiano di Torino.
Contratto
biennale per due milioni di dollari australiani a stagione, l’equivalente di un
milione e seicento mila euro.
Una vacanza
lunga due anni, lontano dai riflettori italiani e dal calcio europeo. Del Piero
sarà il pioniere, il pirata, il galeotto alla scoperta di un nuovo mondo. Waltzing
Matilda. Il richiamo del grande continente australiano. You’ll come a waltzing
Matilda with me.
Prima di lui
nel Sidney Fc hanno già militato Benny Carbone e Juninho Paulista, con magre fortune, diciotto
presenze in due ed un bottino di soli tre gol (in quattro partite) per l’attaccante
italiano ex Roma ed ex Inter (anche se fu ex di una ventina di squadre nella
sua carriera).
Una scelta
radicale. Una sconfitta ed una vittoria. Del Piero abbandona il grande calcio
per rifugiarsi in un progetto stimolante nella terra dei canguri, entrando di
diritto nella lunga lista dei pensionati del calcio europeo.
La sua
scelta, inizialmente, fu obbligata dalle decisioni della dirigenza bianconera. Quando ad Ottobre 2011, durante un’assemblea degli azionisti, Andrea Agnelli
dichiarò "Del Piero è il nostro capitano, rappresenta il legame tra il vecchio e il nuovo stadio. Gli dedicherei un applauso perché ha fortemente voluto rimanere ancora qui con noi, per quello che sarà il suo ultimo anno in bianconero", in molti rimasero sorpresi.
Uno strappo
allo stile Juve. Se mai ce ne fosse stato uno. Sicuramente un precedente nelle
relazioni tra grandi campioni, che a lungo hanno vestito una maglia, e una dirigenza
che si rivela irrispettosa, più che irriconoscente.
I cammini
nella vita si separano, ma ci sono modalità che in alcuni casi vanno
rispettate. Legame tra vecchio e nuovo stadio?
Uno schiaffo
a Del Piero e all’immagine che rappresenta, a Torino, in Italia e all’estero.
Saranno trattati ugualmente, quando verrà il momento, i vari Buffon, Pirlo e
Marchisio?
In una prima
analisi la decisione dell’ultimo dieci juventino di emigrare, scarpini in spalla, a ventiquattro ore di aereo dal vecchio continente è una sconfitta. Non
personale, ma nei confronti di quella stessa dirigenza che lo ha rinnegato con
poca classe e poco garbo.
Non servi
più qui. Pensionamento anticipato. Non rientri nei nostri piani. Trovati un’altra
famiglia. Lontano da qui . Sottinteso e sperato.
Molte sono
le storie di calciatori, a fine carriera, pronti a calciare palloni su altri
lidi.
La maggior
parte lo ha fatto consapevolmente, valutando serenamente le proprie situazioni. Scelte non imposte. Pensionati felici. Cannavaro a Dubai, Nesta e Di Vaio in Canada sono solamente
gli ultimi naufraghi di un esodo dorato che iniziò prima con Pelè negli Stati
Uniti, continuando con Zico e Leonardo in Giappone e arrivando a Effenberg e Romario nella
penisola araba, propaggine che volgeva lo sguardo a Oriente, verso Cina e
Russia.
Anche se molti, lontano da casa, non sono durati più di una stagione.
In questo
senso quella di Del Piero è stata una scelta forzata, non studiata. Costretto
all’esilio, anche se ancora voglioso di dimostrare il massimo, di giocare e di
vincere.
Altri, prima
di lui, scelsero nuove avventure meno esotiche e più competitive. Pirlo alla
Juve, dato per finito, ancora fa rimpiangere alla dirigenza del Milan il proprio errore, la
scelta avventata, il non averlo spinto a giocare all’estero.
Raul, che dopo una vita
nel Real Madrid, ha vissuto una seconda giovinezza nello Schalke 04, fino alle
semifinali di Champions League. Il giorno del suo addio a Gelsenkirchen, i tifosi
tedeschi lo hanno omaggiato come neanche fecero in Spagna, dopo 18 anni di onorato servizio. Due
anni intensi. Una porta sbattuta in faccia a Madrid, un’occasione per
dimostrare a tutti il suo valore in Germania. Nel calcio che ancora contava. Dopo l'addio di Raul, lo Schalke ha ritirato la maglia numero 7 dell'attaccante spagnolo.
Del Piero
avrebbe potuto giocare ad essere Raul, ad essere nuovamente Del Piero. Essere rimpianto a Torino. Giocare ai livelli che gli spettano.
Una sconfitta.
Lontano dai risultati, dai campionati europei. Se Alessandro non è da Juve, non
è da nessun’altra squadra. Non è da Malaga, non è da Liverpool, non è da Tottenham.
Aver scelto
l’Inghilterra o la Spagna forse gli avrebbe dato qualche soddisfazione nei
confronti di chi lo aveva cacciato, sbattendogli la porta in faccia.
Pinturicchio poteva dare ancora molto al calcio europeo ma è voluto essere un
pensionato del calcio. Senza, però, averlo programmato. Gestendo una situazione
surreale da un giorno all’altro. Soccombendo alle scelte unilaterali del club per poi, solo successivamente, analizzare la situazione. Senza prendere la palla a balzo. La palla che rotola nei campi di calcio europei.
Con l'Australia si passa da una
sconfitta agonistica ad una vittoria personale.
Del Piero ha
perso per non aver scelto l’Europa che conta, per aver escluso la rivalsa sul campo, ma ha
vinto scegliendo Sidney.
“La
situazione, il posto migliore” nelle sue parole. Ha puntato il dito nell’emisfero
australe, dopo aver viaggiato mentalmente nei quattro angoli del mappamondo
calcistico (River Plate, America, Svizzera, Thainlandia, Cina, Brasile) e ha deciso. Waltzing Matilda. Alla ricerca dell'Australia.
Del Piero in
America sarebbe stato uno dei tanti. Sarebbe stato un Henry, un Beckham. Un Del
Piero pensionato sul set di Hollywood. Andare in Argentina o Brasile avrebbe
significato una rivalsa a metà. Calcio che conta, ma agli antipodi. Lo stesso
Trezeguet prima dell’emozionante esperienza argentina con il River è passato per il
purgatorio spagnolo dell’Hercules. Seedorf è al Botafogo. Ma Seedorf non è Del
Piero.
La Cina che
dispensa stipendi da favola, 12 milioni a Drogba e 10.8 allo sconosciuto Conca
(!!!), è davvero quello che merita un campione a fine carriera? Del Piero
sarebbe durato mezza stagione alla corte cinese. Geograficamente e culturalmente. Come Cannavaro a Dubai: mezza stagione da giocatore, ora dirigente dell'Al-Ahli. Del Piero non meritava uno scempio simile, lui che a denti stretti ha vissuto l'anno di purgatorio juventino in Serie B. Affondare e riemergere con la sua squadra, la sua vita.
La Svizzera sarebbe stato un ripiego. Affacciata sul cortile di casa, troppo vicina. Con il richiamo torinese a poche centinaia di chilometri a bussargli alla porta. I ricordi e l'amaro di un addio non voluto.
Se non deve essere il calcio europeo che conta la sua nuova famiglia, che almeno sia una terra lontana e corallina. Dal Vecchio Continente al Nuovissimo Continente.
Meglio scappare allora. Essere il primo, non una controfigura. Un fuggiasco verso l'inglese nasale degli aussies verso i g'day mate (buongiorno in slang australiano), verso una terra calda e vasta, lontano dal cortile di casa. Non il prestigio della Premiere, ma l'accoglienza dell'Australia.
Nella terra
sottosopra. Downunder. Lontano fisicamente. Dall’altra parte del mondo.
Culturalmente, molto più vicino di quanto uno possa immaginare. Dallo
Scudetto all’Opera House. Dopo “aver fatto tutto qui” Alex ha “bisogno di
qualcosa di diverso”.
Questa
scelta tanto radicale, che stupisce in molti, trova le sue ragioni nel contesto
sociale dell’Australia e nella progettualità studiata dalla dirigenza del Sidney. La
figura di Del Piero dovrà rappresentare un intero movimento, quello italiano, ma
anche un accordo che pone al centro la rinascita del calcio australiano a livello nazionale.
Nel paese del
rugby, del cricket e dell’australian football (sport praticato da Vieri fino ai quattordici anni), Pinturicchio sarà l’ambasciatore del Calcio. Una scommessa, una vittoria.
Un campione che sceglie come priorità l’ambiente in cui vivere, in cui far crescere per
alcuni anni i propri figli, senza badare molto all’ingaggio ( “solamente” 1.6 mil). Controcorrente.
Se nasce, questo viaggio in Australia, da una sconfitta calcistica, si capovolge, downunder, come
vittoria personale. Una vacanza-studio dai buoni intenti. Non un dorato esilio all'ombra di palme di datteri. Un impegno professionale ed umano. Una scommessa. Una rinascita
culturale. Un’opportunità. Un pareggio sentimentale.
I've been around the world
A couple of times or maybe more
I've seen the sights, I've had delights
On every foreign shore
But when my mates all ask me
The place that I adore
I tell them right away:
give me a home among a gumtrees...
Ho fatto il giro del mondo un paio di volte, ma quando i miei compagni mi chiedono quale posto adori più di tutti gli rispondo: datemi una casa all'ombra di un eucalipto, piena di alberi di prugne, qualche animale ed un canguro. L’Australia Sundance. Santa Del Piero. Una nuova terra. Sky blue. Cielo azzurro. Un'altra avventura che pareggia la sconfitta precedente, quella dell'orgoglio, della riscatta e delle emozioni. Un'altra vita.
A volte un pareggio può
rivelarsi un affare inaspettato. Good luck.
Note:
Per un approfondimento dell'aria musicale e sportiva che si respira in Australia, più qualche citazione (visto che questo blog si chiama spoorts and culture):
Home among a gumtrees : canzone folk che elogia la terra ed alcune tradizioni australiane (citata a fine pezzo)
Downunder: è il nome con cui viene soprannominata l'Australia. Terra sottosopra. Un divertente classico degli anni 80'. "I come from the land downunder".
Waltzing Matilda: canzone simbolo. Considerata da molti il vero inno australiano, cantata spesso allo stadio durante le partite di rugby dei Wallabies ( e di riflesso nel calcio).
Sidney Swans song: canzone della squadra di football australiano di Sidney. Inizialmente un gioco praticato solo a Melbourne e nel Victoria, da qualche decennio è giocato in tutto il continente, un misto tra rugby e calcio, gioco molto fisico e duro (Vieri lo praticò fino a 14 anni).
Stefano Accorsi e Libero de Rienzo nei panni di Bart e Andrea, tifosi juventini (nel film vanno al Delle Alpi per Juve-Atalanta), forse, avranno ispirato la scelta di Santa Del Piero?
Nessun commento:
Posta un commento