martedì 6 dicembre 2011

La rivoluzionaria maratona del calcio : dal venerdì al lunedì.

Il calcio spalmato minuto per minuto. Uno dei fine settimana più lunghi della storia del Campionato italiano è giunto al termine. Ma il baraccone del calcio non si ferma e se aggiungiamo anche la partita di Giovedì della Lazio in Europa League contro il Vaslui e la due giorni di Champions alle porte ci accorgiamo che non c’è giorno nello stivale che non si parli di spread, di nuovi governi, di crisi dell’Europa e di Calcio. E tra poco si parlerà di mondiale per club, di panettoni, acquisti natalizi, di campioni d’inverno,europei, ritiri e vacanze dei calciatori, in una fornace che mette alla prova anche i più preparati allenatori da bar.
Il fatto che scriva per hobby e non per professione mi permette di diluire i tempi, quello che in termini tecnici romaneschi sarebbe “fa’ npo’ come me pare”, e srotolare una panoramica della giornata trascorsa direttamente al martedì.
Sulle testate che di sport vivono ( e quando si parla di sport si intende calcio, qui nella penisola) si è costretti ad assistere alla fiera della suspence : “Vittoria del Milan aspettando l’Udinese”, “Vittoria dell’Udinese aspettando la Juve”, “Vittoria del Napoli aspettando la Lazio” e aspetta che aspetta quando finisce la partita all’Olimpico si fa fatica a ricordare cosa abbia fatto il Milan il venerdì precedente.
I rossoneri hanno vinto, hanno atteso l’Udinese alla prova Inter ( o forse era viceversa), sperando che ritardasse, invece la squadra friulana si è presentata all’appuntamento in tempo. Uno a zero al Meazza. Con dedica speciale a tutti gli scettici, increduli che la squadra di Guidolin potesse tenere ritmi alti anche quest’annata. Da segnalare un rigore sbagliato per parte. Il tiro di Pazzini, già divenuto famoso per la sua scivolata, è un elogio alla vendetta. Da laziale penso: chi la fa l’aspetti. L’anno scorso uno scivolone difensivo di Biava fece vincere un'Inter in inferiorità numerica, annullando i sogni da grande Europa di noi poveri aquilotti. 
Oggi la vendetta è servita fredda, nella fredda Milano. L’Inter è costretta a dimenarsi nei bassifondi della classifica, in una situazione che non si presentava da 65 anni. Io fossi la Lega Calcio ritirerei la squadra solo per l’impresentabilità del campo. Ma come, stiamo parlando con i Campioni d’Europa, del mondo e delle due Italie e ti presenti con un manto del campo che neanche in provincia di Potenza in seconda categoria (discorso valido anche per il Milan). Quando i grandi club pensano a imitare le grandi d’Europa, si concentrano solo sui giocatori e sugli ingaggi, l’ambiente e tutto ciò che ruota intorno al calcio sembra che siano aspetti secondari.
Poveri interisti. A peggiorare il tutto aggiungiamo anche che gli errori nerazzuri fin qui sono stati tutti imputati all’allenatore di turno. A mio avviso la colpa più grande è di Moratti che dopo la chiusura di un ciclo con Mourinho non è stato in grado di esaudire le richieste di Benitez, uno dei migliori allenatori in circolazione, mettendogli a disposizione la stessa rosa dell’anno precedente. Niente Mascherano, niente Kuytt, niente Torres, niente partenze di Maicon e Milito. Al portoghese si regalarono Eto’o, Lucio e Snejder, per la nuova gestione arrivarono Biabiany e Coutinho e neanche si riuscirono a far partire giocatori ormai fuori dal progetto e in cerca di nuove sfide.
La Domenica pomeriggio invece ci delizia con la sconfitta della Roma e la vittoria della Juve. I bianconeri conservano la testa della classifica grazie ad un 2-0 contro un Cesena in assetto tartaruga. L’espulsione incredibile di Antonioli e il rigore fischiato a Giaccherini fanno ripetere il mantra: “Quest’anno devono fa vince’ la Juve”. 
Il mio amico Gazzobba, fisico d’altri tempi ed esperto bestemmiatore dell'antimateria, lo dice almeno da Luglio. A suo sostegno un grafico e una formula matematica in grado di prevedere l’esito del campionato italiano rispetto al minutaggio concesso a ogni squadra e alla scaletta di notizie di Studio Sport. Applicando questo sistema bisogna stare attenti ad eliminare i corpi estranei al calcio giocato della Serie A, altrimenti la classifica si presenterebbe sotto quest’aspetto: Juve, tifosi della Juve, stadio della Juve, Marotta, Milan, Galliani, Inter, Mourinho, Napoli, De Laurentis, Roma, Luis Enrique, Barcellona, Messi, Nadal, Cagnotto, Vezzali, Udinese e Lazio.
Come si può notare schema alquanto improbabile per il fatto che i tre posti disponibili per la Champions League sarebbero occupati esclusivamente da entità juventine.
Detto ciò quello che servirebbe realmente al calcio italiano, non è tanto il ritorno della Vecchia Signora nei posti che gli competono, tanto quanto una riforma della gestione del sistema stesso, che sia in grado di revocare un’espulsione ingiusta come quella di Antonioli.
Da rosso ai rossi e Rossi si passa a Firenze, non per la tradizione politica toscana ma per la partita andata in scena al Franchi. La Roma termina addirittura in otto e prende tanti gol quanti suoi giocatori lasciano il campo, messi in punizione da cartellini un po' più che gialli e in ugual numero ai fischi che servono all’arbitro per decretare la fine dell’incontro.
La partita sicuramente poteva evolversi in maniera differente senza la sciocca espulsione di Juan, ma il calcio è fatto anche di questo. Da notare come la Roma sfrutti a suo favore questi episodi che nel calcio fanno la differenza, solo contro le “piccole”, così come accaduto nella vittoria di Novara, che ha avuto il difetto di nascondere agli occhi dell’ambiente giallorosso gravi problemi strutturali della squadra, grazie all’entusiasmo dei gol di Bojan e Osvaldo. Udinese, Lazio e Fiorentina non hanno perdonato. Avranno anche vinto grazie a piccoli episodi contro la Roma, ma se episodio è traducibile con gol o espulsione, allora hanno vinto giocando al calcio.

L’espulsione che rimedia nel finale Bojan è rivelatrice del brutto momento che sta passando la compagine di Luis Enrique. Un gesto inutile, di resa ad un destino amaro, istintivo e adolescente. Il giovane catalano si dovrà scusare doppiamente, per il rigore e per il fatto di avere buttato a terra la maglia della Roma. L’inferno per i nostri cugini e il paradiso per noi laziali che ci pavoneggiamo nello sfottò capitolino : “A.S Roma Calciotto 1927”, “Ultima ora: Bojan si scopre cugino di Valdes e nipote di Zubizareta”. Quello che non si spiega è il perchè della parata del giovane talento romanista, oramai in una partita persa. Suarez, con la sua elasticità almeno aveva garantito il passaggio in semifinale dell’Uruguay contro la sorpresa Ghana, in una delle pagine più tristi per i valori dello sport. Bojan ha garantito in questo modo solo le critche. Inoltre la Roma sarà costretta così ad una formazione di emergenza nel prossimo scontro contro la Juve.
Anche se la profezia di mio padre a riguardo non mi sembra sbagliata : “Mejo così almeno se riposano, tanto con la Juve è già scritta.”. Forse anche lui, a sua insaputa, applica la formula matematica scoperta dal Gazzobba.
La giornata di campionato si chiude con un Parma-Palermo, miglior giocatore in campo Sky la nebbia e con il posticipo al lunedì di Lazio-Novara.
I biancocelesti portano a casa la vittoria con il minimo sforzo, grazie a un gol di Biava e ad una doppietta di Rocchi (102 con la maglia della Lazio). Novara mai in partita, tra gli spettatori a casa di Di Stefano ( cognome da fenomeno) ci facciamo beffa dell’Inter che a inizio campionato rimediò una sonora sconfitta dai piemontesi e della Roma che riuscì a vincere solo dopo un gravissimo errore di Meggiorini solo davanti a Stekelenburg. Da segnalare un palo di Cissè, che aggiunge emozioni alla soap opera del francese, fatta di gol mancati, sfoghi, strambe pettinature, accuse e scuse ai tifosi e dibattiti sul razzismo sui giornali d’oltralpe, ignari del fatto che Cissè a Roma è benvisto dalla tifoseria da loro definita "fascista" e criticato dalla restante parte dei laziali che vorrei definire "democratici" ma mi limito con un "disinteressati al connubio tra politica e calcio", ai quali non importa niente delle faide tra Lotito e il tifo organizzato, del Duce e delle nuove posizioni di Di Canio e ai quali interessa solo il futuro e il bene della Lazio.
Finisce quindi con una Lazio che si accoda al gruppo in fuga di Juventus, Milan e Udinese questa maratona moderna di quella che si continua a chiamare “giornata” di campionato.

 La rivoluzione dal venerdì al lunedì, a colpi di diritti televisivi e interviste preconfezionate. Basta poco nel mondo a sfera. Ho ricordi di cassette e di racconti in cui il calcio era rivoluzionario per davvero. Ti potevi chiamare come un filosofo, avere una laurea in medicina, bere birra, fumare quantità industriali di sigarette, parlare di politica e di autogestione delle squadre. Per fortuna oggigiorno quando uno stadio intero alza il pungo al cielo per ricordare quel grande campione e rivoluzionario che fu Socrates, allora vuol dire che non tutto è perduto, che il calcio, oltre alle relazioni extra coniugali dei calciatori, alle bravate, al calciomercato, ai commenti di Twitter e alle autobiografie, può ancora regalarci qualcosa di profondo e di vero, dal lunedì alla domenica.