venerdì 31 agosto 2012

Miglior giocatore d'Europa?




La corona del principato del calcio europeo è proprietà di Andrés Iniesta. Il centrocampista spagnolo vince il premio come miglior calciatore d’Europa, con 19 voti; staccando di due misure Messi e Ronaldo, fermi entrambi a 17.

La delegazione spagnola, rappresentata da Marca (vicina al Real Madrid), ha votato per Cristiano Ronaldo, anche se in passato si era lamentata, a titoli cubitali, per il fatto che il Pallone d’Oro non sia mai stato assegnato ad uno spagnolo (chiara polemica anti-Messi).

Iniesta, a mio avviso, è il calciatore più forte del mondo, in questo periodo. Aver vinto un mondiale, due europei e tre Champions League da protagonista (solo per citare i trofei più prestigiosi) gli permette di avere un  “minimo” vantaggio su Ronaldo e Messi, ancora a secco nelle grandi competizioni con le loro nazionali.

Le doti del centrocampista blaugrana oltrepassano, inoltre, i confini del campo: non fa differenza essere madridisti, barcellonisti, spagnoli, catalani, patteggiatori di Messi o di Ronaldo, tifosi dell’Espanyol o semplici appassionati di calcio; tutti si trovano d’accordo sul valore e sui meriti di Iniesta.

Quando dedicò il gol vittoria del mondiale al suo amico Daniel Jarque, giocatore dell'Espanyol, scomparso nel 2009, fece emozionare tutta la penisola iberica, senza distinzioni.

Nel 2011 in una partita amichevole della Spagna contro la Colombia al Bernaebu, tutto lo stadio si alzò in piedi ad applaudire il barcellonista Andrés. Gesti che valgono più di molti trofei e riconoscimenti ufficiali.


Persino le truppe integraliste di tifosi amanti della Pulce e di Cr7 firmano un armistizio calcistico ogniqualvolta si parli del centrocampista spagnolo. Messi è più forte di Ronaldo. No. Ronaldo è più forte di Messi. Ma Iniesta rimane Iniesta. Gareggia contro se stesso. Nessuno lo critica, tutti lo amano. Solo la Fifa, troppo indaffarata tra tangos di Rosario e fados di Funchal, si era dimenticata di questo fenomeno.

A Monaco, finalmente, i delegati hanno rivolto lo sguardo oltre l’eterno conflitto tra l’argentino ed il portoghese e si sono accorti della presenza di questo mago del pallone.

Il problema, ora, sorge nell’analizzare la validità di questo premio: miglior giocatore d’Europa oggi si traduce in “Pallone d’Oro”, vista la scarsa presenza di giocatori fuori dal Vecchio Continente che possano minimamente pensare di entrare a far parte dei migliori undici giocatori del mondo.

Vero è che le votazioni per il Pallone d’Oro sono più complesse.

Ma il dubbio rimane e la domanda sorge spontanea: se si sono uniti da poco, dopo anni di polemiche, i premi del Pallone d’Oro e del Fifa World Player, a cosa serve il riconoscimento per il miglior giocatore d’Europa?

Il baraccone della Fifa ogni giorno ne inventa una. Speriamo almeno che, a Gennaio, non deluda le nostre aspettative e riesca finalmente ad assegnare “el Balón de oro” al meritevole Andrés. Altrimenti questo premio non sarà valso niente.

Niente negli annali o nelle statistiche, tanto nei sentimenti. Perché per noi Iniesta non ha vinto un Pallone d'Oro. Ne ha già vinti molti.

domenica 26 agosto 2012

L'antipasto è servito.


"Facciamo un antipastino"
L’antipasto a tavola serve a saziare il giusto, a far venire l’acquolina in bocca, ad occupare lo spaziotempo che, altrimenti, sarebbe monopolizzato da molliche di pane e grissini.

Allo stesso modo, nella tavola quadrata, ricoperta da un panno color verde prato e da carta di giornali sportivi capitolini, piemontesi e meneghini esperti in notizie fasulle, l’antipasto non deve mai eccedere la portata principale che è quella del calcio giocato. Del campionato di Seria A.


Il mio personale buffet è servito in Catalogna, terra di autonomia, fútbol e turisti italiani caciaroni.
Le Olimpiadi sono agli sgoccioli e l’argomento medaglie, da queste parti, scotta. Catalogna, Paesi Baschi e Galicia rivendicano il proprio bottino.

I giornali spagnoli riscoprono sport dimenticati: taekwondo, canoa e balletti sincronizzati al cloro. Quantomeno, però, regalano ad atleti, fino a ieri sconosciuti, il privilegio della prima pagina, che nell’era d’internet conta quasi quanto una medaglia d’oro.

I giornali sportivi italici, al contrario, ripongono le fatiche, i successi e le delusioni olimpiche a fondo pagina, lasciando i titoli principali alle conferenze stampa di Mazzarri, alle sfuriate degli Agnelli, ai pensieri di Leonardo e alle finte notizie di calciomercato.
La cerimonia di chiusura delle Olimpiadi decreta la fine dell’antidolorifico a cinque cerchi. Quando comincia il campionato?

Nell’ esaltazione della potenza britannica, monarchica e, come da poco ricordato dall’Ecuador, colonialista, assistiamo al trionfo delle contraddizioni del mondo moderno. Sudditi, capi di stato e imprenditori a dare il loro omaggio alla corona e al business. L’inno della Grecia, suonato obbligatoriamente secondo copione, e la premiazione del vincitore della maratona maschile, di nazionalità ugandese, ci ricordano che da domani non ci sarà alzabandiera o cerimonia  a premiare i deboli e le nazioni sul lastrico.

Le Spice Girls e i Madness ( One step beyond forse sarebbe stata più azzeccata di Our house) ci salutano. Un passo avanti. Gli Who ci danno l’arrivederci. Antipasto olimpico finito.
Olimpiadi finite: One step beyond
Cameriere: quando inizia il campionato?

Anche da quest’altra parte del Mediterraneo si riaccendono, di colpo, frizioni mai sopite. L’interminabile affare Modric. Song, nuovo acquisto del Barcellona, sesto di 10 fratelli e 17 sorelle. Novità di un mercato in crisi che anticipa la Liga e l'eterno confronto tra le due superpotenze calcistiche iberiche.

La prima conferenza stampa di Mourinho è attesa più di una sforbiciata di Rajoy. Molti aspettano al varco della prova iniziale il nuovo allenatore blaugrana. Tito Vilanova. El Tito. Come dicono da queste parti. Molti sì, ma altri. Perché qui nessuno ha mai messo in discussione la scelta della dirigenza catalana. Si segue un progetto. La scelta è stata scontata. Vilanova è uno di casa.

El Tito, dovrà avere la meglio contro El Dedo. Il dito infilato di prepotenza nel suo occhio, in uno degli infiniti scontri tra merengues e cules, da “The only one”, come si è da poco autosoprannominato Mourinho.

La Liga non inizia come l’anno precedente. 6 a 0 e 5 a 0 messi a segno dalle due pretendenti alla vittoria. Il Real si ferma al Bernabeu con un pareggio a mezz’aria, impattando con il Valencia, con Pepe e Casillas a terra. Due punti persi sono un'eternità.

Mou, Vilanova, El Dedo e "El hombre del bigote"
La sera è il turno del Barça. La vediamo al Bar Siviglia. Nome andaluso, spagnolo, covo di madridisti. Il proprietario ad ogni tapa, serve una battuta: “ Rilassati! Non vedi già tre ne avete fatti”, includendomi a mia insaputa, nella tifoseria blaugrana. Questo si chiama progetto. Altro che Bojan, Luis Enrique, cantere primaverili e adolescenti promettenti. Trovarsi una giovane catalana come ragazza, confondersi tra tifosi blaugrana ed il progetto è partito. Non servono milioni. Més que un club. Ad ogni cerveza, poiaggiunge: “Non ti preoccupare, tanto già è deciso quest’anno, hai visto contro il Valencia? Rigore negato a Di Maria”. 

Il giorno dopo, i commenti degli avventori dei bar del centro sono totalmente differenti: “Già avete iniziato, come al solito! Fuorigioco di Soldado inesistente!”. Tutti gridano al Villarato. Teoria complottista per la quale viene accusato Angel Maria Villar, presidente della Federazione spagnola, di favorire un equipo rispetto ad un altro nel corso del campionato. 

Cameriere: quando inizia la Serie A? Basta con questo antipasto catalano-madridista, cocida e butifarra

Almeno qui in Italia i complotti li analizziamo sinteticamente in : grandi contro piccole, Juve contro tutti. Il materiale abbonda, la fantasia fa il resto.

In Spagna la tiritera è: Barça contro Madrid. Madrid contro Barça. Le altre squadre sono persino escluse dalle chiacchere da bar e dalle teorie di complotti astrali.

Quando inizia questa dannata Serie A?

El Clasico, che vedrò tranquillamente spaparanzato in Italia, mi esime dal confronto faccia a faccia con baristi madridisti, affezionati blaugrana e Villarato di ogni genere. Ma non mi libera, ahimè, da una domanda ossessiva che, a prescindere dal risultato, dalla storia di ogni partita, dalle manita e dalle rivincite,  torna ciclicamente a corrodere le mie credenze calcistiche: "Ma il Pallone d'Oro a Iniesta quando glielo date?".

Prima di tornare nello stivale un assaggino della dieta italiana è servito proprio nella capitale catalana. Trofeo Gamper. Barcellona – Sampdoria. I blucerchiati qui li ricordano ancora come quelli degli anni novanta. Finalisti di Coppa Campioni proprio contro i blaugrana; rispediti a Genova a mani vuote da un gol su punizione di Koeman nei tempi supplementari.

I negozi di cianfrusaglie sono piene di placche con su scritto “ Qui vive un Sampdoriano”, oltre ai classici “Aqui viu un culé” ( Qui vive un culé, tifoso del Barça). Penso alla solidarietà tra città di porto, alle affinità linguistiche, a Cristoforo Colombo, genoano e catalano, ai luoghi comuni sull'avarizia che accomunano i due lidi.

Finché l’occhio non cade sul cimelio che scatena definitivamente la mia fame cieca e becera. “ Qui vive un lupacchiotto”. "Qui si esagera!" penso.

Bandiera catalana giallorossa
Portatemi a Roma. Rimpatriatemi. Devo soffrire anche qui? Dopo le simpatie per Zeman, le spillette e le magliette catalane giallorosse, che ho comprato con un sorriso sulla faccia e un sussulto al cuore, anche questo devo sopportare? Basta. Torno a Frascati. Ho bisogno del campionato. Della Lazio.

Una boccata d’aria serie-aistica si respira già prima di salire sull’ avion. “Ao so annato a vede er Campnò, me so fatto a foto. Hai visto si? Già quattro pappine ianno fatto questi al Real Sociedad. Te credo co qua pippa de Jose Angel stavano, porelli. Solo noi se la potevamo pia quella sola. Nartra mentalità er Barça. Artro che noi, questi già dall’Allievi so na macina. Artro che Jose Angel. Questi puntano tutto sulla cantina (cantera, ndr)”.

Sono quasi a casa, le chiacchere da bar sono linfa vitale. L’addio alla Catalogna, oltre che alla Spagna e al suo fútbol, è siglato, ideologicamente e linguisticamente, dal ragazzo che mi precede nella fila all’imbarco.

L’hostess lo saluta “Gracias”, lui risponde disinvolto “Pregos”. Sto tornando. Antipasto finito. Ora serviteci il campionato.