Quando una vecchia signora riconquista i riflettori dopo
anni di buio sofferente, i discorsi, le parole e le argomentazioni sono appunto
da vecchia signora, da garante dell’ancien régime, da padrona indiscussa e
nostalgica di un tempo passato.
La Juve è tornata al centro del mondo calcistico italico
dopo anni di penitenza, ricostruzioni fallite, progetti marci e annate
decisamente amare.
Ha vinto lo Scudetto senza mai perdere in Campionato e
mostrando un calcio dinamico, moderno, rapido e un ottimo gioco di squadra, con
un allenatore giovane, di casa, alla sua prima esperienza importante. Alla
faccia di tutti i progetti decantati in Italia, ma che sempre, affannosamente, cercano
conforto in santoni stranieri; quando in realtà la soluzione si potrebbe trovare tranquillamente nel
giardino di casa.
Conte ha saputo riportare la Juve al centro dell’attenzione
e già solo questo sarebbe bastato dopo anni in cui i bianconeri erano
considerati alla stregua di una qualsiasi provinciale italiana.
Anche se non avesse vinto lo Scudetto, il progetto Conte
sarebbe stato allo stesso modo un progetto vincente, quando è la mentalità che
fa la differenza e bisogna solo farsi trovare pronti all’occasione giusta.
Sfruttare le contingenze ( no competizioni europee uguale
più riposo), gli errori degli altri, sul campo e nel mercato ( affare Pirlo) e
delineare una mentalità che intimorisca l’avversario ( allo Juventus Stadium
non si passa) sono gli giusti ingredienti, che aggiunti ad un’ottima rosa,
possono fare la differenza in un’annata.
L’unico grande difetto di questa avventura è il fatto
di essere italiana, geneticamente instabile. In qualsiasi altra regione
calcistica europea si sarebbe lodato il grande lavoro di questo
gruppo, analizzando meriti e fortune e sarebbe stata elogiata la fame di riscatto e di
rinascita.
Qui da noi, queste riflessioni passano in secondo piano e
lasciano spazio alla polemica sulle tre stelle.
L’umiltà non è figlia delle nostre terre e riconoscere di essersi
lasciati alle spalle una cattiva conduzione societaria e aver cominciato un
nuovo ciclo, pronti a lottare per gli stessi obiettivi del passato, ma con una
nuova politica trasparente, è una cosa impensabile, non solo in casa Juve, ma
per qualsiasi club italiano dai Dilettanti alla Serie A. Da noi, tutti sono
perseguitati, tutti sono vittime di complotti, anche gli stessi complottisti.
Non è colpa degli Agnelli, se la Juve vuole la terza
stelletta sulla maglia. Le cause sono tutte da cercare nel dna di noi italiani,
tutti quanti immuni dalla giustizia che pretendiamo per gli altri.
Al posto degli juventini, tutti si sarebbero comportati alla
stessa maniera. Come si può domandare da un lato trasparenza, giustizia e
legalità nella vita politica nazionale se poi nel calcio questi discorsi non
valgono più?
Mi si obbietterà che stiamo parlando di un gioco e, che in
questi casi, l’istinto e le emozioni contano più che la razionalità. Ma
veramente il calcio nel 2012 può essere considerato solamente un gioco? Con
tutti gli interessi, gli sponsor e il baraccone mediatico che vive per il
pallone? Oggi più che mai, un gol annullato, un fuorigioco o un’espulsione
valgono da soli, milioni di euro e come minimo il rispetto delle regole
basilari viene richiesto a tutti quelli che decidono di far parte di questo
mondo: allenatori, società, arbitri, giornalisti etc…
Vista da altri lidi, la polemica del trentesimo scudetto è
un’offesa per gli amanti del calcio, che credono ancora, nel grande fascino di
questo sport e nella sua potenza educativa.
Inoltre perseverando nell’errore si è spesso ristretto questo importante dibattito alle sole Inter e Juve. Vecchi
veleni e vecchie diatribe riemerse in occasione della vittoria dello Scudetto
juventino.
Sandro Veronesi, scriveva giorni fa su La Repubblica, che la Juve
avrebbe conteggiato 28 scudetti se solo l’Inter si fosse privata dello
scudetto, assegnatoli a tavolino nel 2005-2006. Quando in realtà nelle
argomentazioni di tutti gli osservatori calcistici manca un punto fondamentale:
l’offesa ai principi dello sport, il danno alle altre società partecipanti al
torneo, la mancanza di rispetto verso i propri tifosi.
Gli amanti di questo sport chiedono solo chiarezza, rispetto
per una passione e poche chiacchere. Juve o Inter, il problema è sapere cosa è
successo in quegli anni, chi sono stati i colpevoli e come si può prevenire un
ritorno a quei meccanismi.
I virtuali assegnatari di quegli scudetti, dovrebbero essere
le società retrocesse sul campo, le squadre pulite penalizzate dagli accordi tra
dirigenti e arbitri e soprattutto tutti i tifosi presi in giro.
Inter campione o nessun campione, la vittima di quegli anni
è stata lo sport e il fatto che si sia speculato sopra una passione di milioni
di tifosi è un problema che rimarrà sempre.
Al calcio manca ancora questo, un pizzico di maturità per
capire ed iniziare ad apprezzare le vittorie reali. Ma qui siamo ancora ad
acclamare Scudetti comprati, presidenti e dirigenti corrotti ( Tanzi,
Cragnotti, Moggi), che snaturano la bellezza di questo sport.
In Italia il tifoso prende a cuore le politiche societarie, spesso senza coscienza critica. Le dirigenze in Italia sono odiate solo quando le squadre sono sull'orlo del baratro, in annate fallimentari o quando i presidenti mettono il bastone tra le ruote delle tifoserie organizzate. I tifosi juventini parlano in prima persona quando dicono:" per la giustizia solo noi siamo i ladri". Così facendo commettono un grave errore. Si può criticare una gestione, anche vincente, e condannarla verbalmente perché ha macchiato una storia centenaria di successi e trionfi. Ma gli juventini ( così come molti altri) preferiscono mettersi dalla parte di una dirigenza corrotta e condannata, purché sia vincente. Così facendo si rendono complici del degrado calcistico nostrano, non meritandosi nessun elogio.
Impadronirsi della terza stelletta, a questo punto, sarebbe
non riconoscere delle regole di convivenza comune, anche se considerate
sbagliate dai juventini. I festeggiamenti poco contano se si è l'unici invitati alla festa. L’unica via da percorrere è chiedere ulteriori
accertamenti e continuare a lavorare sul
nuovo progetto.
Comportandosi diversamente si darebbe vita a una surreale
interpretazione delle regole. Il Milan non potrebbe riconoscere lo Scudetto
attuale e così si potrebbe andare a ritroso per anni, perché non si potrebbero
considerare valide le scelte di assegnare anno per anno gli Scudetti a chi di
dovere. I club, altresì, potrebbero non riconoscere l’autorità Juventina di
giocare la Serie A, se a loro avviso la punizione della retrocessione in B non
fosse stata adeguata.
Gli Scudetti è vero, si vincono sul campo, ma il Calcio
ormai ha superato i confini degli stadi e si gioca anche nei Palazzi, nelle
televisioni e sui giornali. La scelta della giustizia sportiva deve essere accettata al pari
di un fischio arbitrale per un fuorigioco inesistente o per un gol fantasma.
Quello che tutti i tifosi di calcio vogliono è una nuova
Juve, da lodare per le conquiste sul campo e per lo stile. Discussioni e
movimento per le tre stelle non giovano ai bianconeri e al calcio tutto. O almeno, che siano discussioni costruttivi, che aprano un dibattito ampio e serio nel mondo del calcio.
La Juve, in conclusione, non conteggiando i due scudetti recriminati ne
guadagnerebbe in immagine e rispettabilità, che nel calcio malato di oggi non
sono virtù da poco, a volte più preziose di un trofeo.