lunedì 28 novembre 2011

La pizza d'Osvaldo e l'arte sacra del Tikitaka in terra capitolina.

L’arte sacra del Tikitaka finalmente è rivelata a noi comuni mortali della Penisola pallonara. Questa antica tecnica di palleggio, nata nelle valli catalane, è praticata da mesi nelle borgate romane, nella sua variante scismatica anche nota come : “Ao passame a palla”.
Il progetto era quello di riunire le rivalità storiche barcellonesi nelle figure di Luis Enrique e Osvaldo; allenatore della seconda squadra del club più forte del mondo uno ( ma non per questo la seconda squadra più forte del mondo) e attaccante di rilievo dell’Espanyol l’altro. Aggiungendo alla magica pozione anche Gago, ex madridista e tassista a tempo perso, si sarebbero riappacificate faide decennali tra le varie compagini militanti in Liga e si sarebbe esportato il meglio del meglio in terra romana, terra di lottatori e gladiatori.
Purtroppo l’arduo piano messo in atto da una cordata americana, arrivata in Italia con lo stereotipo di “Pizza, spaghetti e mandolino”, è ancora in fase d’attuazione.
Le condizioni ambientali, la fauna circostante e la dolce vita romana hanno caratterizzato in maniera particolare il progetto che, per una serie di congetture astrali, ha preso una direzione distante dall’armonia auspicata. Le radici del Tikitaka romano, dopo gli ultimi fatti di Udine sono quindi da cercare altrove.
Un pool di studiosi di Standford, incaricati dal patron giallorosso, ha indicato, come nascita di questa deviazione scientifica del sacro Tikitaka, la gomitata ricevuta da Luis Enrique da Tassotti nel quarto di finale di Usa 94’.
Il trauma di quella violenza non avrebbe mai abbandonato l’enfant prodige asturiano e avrebbe avuto ripercussioni serie ( “catastrofiche” nelle parole degli scienziati) sull’attuale situazione romanista.
Ecco quindi spiegate le incertezze e gli attriti dello spogliatoio giallorosso, culminate Venerdì sera con la lite tra Osvaldo e Lamela.
Fonti ufficiose ci parlano di una squadra divisa, con i “senatori” infuriati contro le “giovani promesse” o “eterne promesse” e di un Osvaldo fuori di sé per un pallone non ricevuto in una chiara occasione da gol da Lamela.
Non si sa ora se Osvaldo si sia rivolto a Lamela in spagnolo, in italiano o a gesti. Sicuro è che il fantasista argentino risponde, chiaro e conciso come il suo modo di giocare, senza troppi giri di idiomi apostrofando Osvaldo con un  “Zitto. Sei solo un tipo da spiaggia” e consigliandogli di “tornare alla sua vecchia professione di panettiere”; altrimenti se la sarebbe vista brutta. Coraggio che conferma le teorie per cui "El Coco" in realtà sia solo il soprannome storpiato del giovane Lamela, che alle scuole medie era in realtà conosciuto come “El Loco”, per la facilità con cui saltava le lezioni, spaccava i vetri delle aule con tiri a giro e guardava sotto le gonne delle ragazze.
L’ira di Osvaldo esplode incontenibile, come un gol di rovesciata annullato, come una maglietta di sberleffo con l’uniposca mal riuscita. Lamela si prende una delle più classiche “pizze in faccia”. Testimoni raccontano di aver temuto il peggio. Fortuna che Osvaldo non abbia scatenato sul povero semiconnazionale la potenza della mitica “pagnotta mortale tripla farcita di nocche”, mossa a cui è quasi impossibile sopravvivere.
Luis Enrique rimane soddisfatto e ottimista. Serve tempo. La tecnica sacra del Tikitaka se proprio non dovesse dare i suoi frutti in terra capitolina potrebbe quantomeno diventare un’arte marziale di tutto rispetto; i praticanti e promettenti combattenti sicuro non mancano.
La storia ci insegna che campioni si può diventare anche praticando queste arti. Le testate di Zidane, le spinte di Cantona, i calci volanti di Maradona non hanno intaccato la storia di grandi carriere. A Roma sono avvertiti. Non disperate. Totti, gran esempio per le nuove leve giallorosse, tra cui Osvaldo, sono anni che prova a scalciare e a imitare i gestacci dei grandi fuoriclasse. Con l’avvento della sacra scuola del Tikitaka forse è giunto il momento di svolta per tutta la Roma. Il momento di mettersi la cintura nera e ripetere tutti insieme l’antico motto di questa compagine capitolina: “Ao sto qua, passame a palla se no te crocco!”.

mercoledì 23 novembre 2011

Osvaldo, la rovesciata e le porte del paradiso.

Osvaldo è indiscutibilmente l’emblema della nuova Roma in cerca d’autore e di conferme. Evanascente e concreto, strabiliante e deludente, fuori giri, fantasista, che umilia e viene umiliato.
Il gol di Domenica con il Lecce modella ancor di più una stramba immagine, che si è formata grazie anche alla maglietta di sberleffo contro una vendicativa Lazio e alla tanto chiaccherata convocazione in nazionale.
Osvaldo il panettiere. Per la sua abilità di sfornare pagnotte e rosette. Sono famose ormai le sue piedate sporche di farina con cui spiazza portieri disorientati. Osvaldo il pizzettaio. Osvaldo il pasticciere. Tutta colpa del suo look e di quel nome poetico romanesco.  Amato dai laziali e dai romanisti per ragioni differenti. I secondi ci vedono un’incarnazione mista tra Batistuta e Caniggia, i primi solo una macchietta che con i suoi semigol non fa altro che illudere e anestetizzare gli umori dei cugini giallorossi, facendoli credere un’ottima squadra.
In questo calderone di emozioni e calcio parlato, l’acrobazia dell’attaccante italoargentino entra di diritto nell’antologia del surrealismo calcistico. Il ricordo di questo gesto rimane a mezz’aria , sospeso tra realtà e fantascienza, tra nato ed innato. Il gol inesistente di una rovesciata che rimarrà eterna.
L’antipasto è servito da Gago, tassista tuttofare del centrocampo romanista. A Osvaldo non resta che condire quel pallone vagante nell’etere con un pizzico di cipolla, materia pregiata del proprio capello, e trasformare quel traversone dantesco in una rovesciata paradisiaca.
Il diavolo in questa occasione non  veste Prada ma abiti firmati Lega Calcio Seria A: il povero guardialinee, che essendo umano, con il suo errore aggiunge ancor più fascino e mistero all’atto incompiuto. Osvaldo si dispera con stile, come può sbracciare dopo tale sforzo?
In Lega ( o Uefa, o Fifa) non si parla ancora di innovazioni della tecnologia che potrebbero evitare  questi scempi. Questione di poesia: calcio robotico contro errori fiabeschi.
Il secondo stupro della bellezza veste sempre gli stessi abiti e porta la cravatta dei diritti. Su youtube è stato censurato dopo poche ore il video dell’accaduto, che nella versione inglese era un orgasmo per gli ascoltatori  : “ Oh what a terrible decision!” , con un telecronista d’oltremanica incredulo e al massimo dell’ispirazione dialettica.
La narrativa sul sacro errore e sull’ingiustizia arbitrale già abbonda. Il povero Osvaldo è costretto a essere prigioniero di una storia senza lieto fine.
Fare un gol stupendo in rovesciata è cosa da campioni. Vialli, Panini, Rooney, Djorkaeff, Rivaldo e molti altri. Osvaldo si sarebbe andato a sommare ad una schiera di fuoriclasse e sarebbe finito per essere inghiottito in una nebbia di ricordi sbiabiti.
Rimanere sospesi in aria, paladini di una giustizia che il calcio non conosce è sicuramente un privilegio per pochi.
Anche i panettieri a volte vanno in paradiso.

Ciava

venerdì 4 novembre 2011

Al-Laziu conto Az- Zurigu : la questione linguistica in Europa Lig.

Ogni domenica la scelta sul luogo dove seguire la partita è un processo che acquista un’importanza quasi maggiore a quella dell’incontro stesso.
Per noi, manciata di laziali in cerca di conferme, ormai da tempo lontani dallo stadio, ognuno per differenti motivi, diviene una scelta metodica. Crediamo realmente che il giusto ambiente, sia casalingo o di pubblico passaggio, possa donare carica vincente alla nostra squadra, anche se siamo divisi da chilometri di ripetitori satelittari e segnali parabolici. 
Quest’anno all’ardua selezione si è aggiunto anche il giovedì, giorno in cui si gioca l’Europa League. I problemi per questo turno contro lo Zurigo, inoltre, sono aggravati dal fatto che la partita verrà trasmessa solo da “Mediaset Premium”. Nella nostra ipocrisia da finti combattenti del sistema siamo tutti attivi nell’ingrossare i ricavi di “Sky Sport” e gli unici abbonati a Mediaset sono incastrati con il lavoro almeno fino alla ripresa. Ora ci sarebbe da dilungarsi sul fatto che è pur sempre meglio essere complici di Murdoch che di Berlusconi e Confalonieri, ma questo è un discorso che parte dal cricket professionista e arriva alle crociere cantate e solo in parte sfiora concetti interessanti quali il tiro da fuori area di Seedorf.
La soluzione a quest’empasse si risolve con quello che i letterati informatici chiamano “streaming”. Il luogo prescelto per la diffusione è infine casa del Cinese. Nel duo sono l’unico ad avere una minima esperienza nel settore, essendo stato obbligato a seguire metà campionato via internet durante un periodo di lungo soggiorno in Francia. Per mia fortuna dovetti subire quest’esperienza nella prima parte della Serie A di due stagioni fa, con la Lazio allenata da quell’ essere mitologico conosciuto come Ballardini. Ne ho sicuramente guadagnato in salute da tifoso, grazie a tutti i rallentamenti e black out a cui è esposto il servizio, i quali mi hanno impedito di vedere con continuità una delle Lazio più orrende che io possa ricordare. Il giorno del derby, addirittura, saltò totalmente la connessione e fummo costretti ad ascoltare la telecronaca via radio, incluso gol di Cassetti. Che a pensarci bene solo via radio è possibile un tale avvenimento, perché a vederlo con i tuoi occhi non realizzi che uno come Cassetti può segnare realmente al derby.
Mettendo da parte i tristi ricordi calcistici d’oltralpe, inizio a smanettare e in un attimo e apro una diretta indiana, una cinese e una francese.
Con il Gazzobba, appena arrivato al mio fianco al commento tecnico, scegliamo di lasciare lo streaming della televisione Canal Plus, non solo perché con migliore risoluzione ma anche per la presenza di un' introduzione e una presentazione alla partita. I tre conduttori si sfidano a colpi di liason e erre mosce. Parlano del loro connazionale Cissè e appare un riquadro che indica gol, assist e presenze in campionato e coppe dell’attaccante biancoceleste. Gazzobba mi chiede : “Ma buts vordì golle nfrancese?” “Si, più o meno, senza e finale però: gol.” e aggiunge, continuando nelle sue classiche analise scrupolose: “ Certo che sti francesi stanno fori fracichi, ma dimme te se quissi se mittenu in studio a parla daa Lazio, ma n’Italia chi ce se mette a parla e a ffa l’analisi prima de na partita tipo Rennes- Crackovia,a perde tempo, mo spieghi, n’è che staranno a gufa sti mangiarane?” “ Je ne sais pas, mon ami.”
L’ambiente si surriscalda, mancano pochi minuti. Intanto il Gazzobba se la prende con Ringhio, il cane del Cinese. Che, in tutta sincerità, essendo il cane di un laziale io l’avrei chiamato piuttosto “Fernando Couto” o “Diegopablosimeonefaccengo’”, però sono gusti. La diatriba va avanti per molto, finchè dei rumori sospetti provenienti dalla porta fanno sbottare il Gazzobba in un francese accademico, probabilmente appena appreso : “ A Ringhio, nun t’accolla, sii rotta li cujuni, non te faccio entra.” per poi corregere il tiro rapidamente: “Ah, ciao Ba’, entra, prego.”. Intendendo per “Ba” non il giocatore ex Perugia e Milan bensì il diminutivo del nome della madre del Cinese.
Subito dopo l’entrata con tappeto rosso di “Ba” segue in scia il Pollo, da tempo alla ricerca disperata di un posto dove vedere la partita e imbucato senza avvertire, ma accolto a braccia aperte nel regno biancoceleste.
La partita ha inizio. Subito dopo pochi istanti una buona parata di Marchetti ci agita. E’ la squadra svizzera a fare gioco e tutti ci chiediamo come sia possibile visto che in terra elvetica non sembrassero avere un così buon possesso palla. Ovviamente la Lazio è rimaneggiata causa turn over. Rocchi dal primo minuto affiancato a Klose, centrocampo con Lulic, Ledesma, Cana e Sculli, in difesa ai titolari Radu e Dias sono affiancati Diakitè e Zauri. Dal ventisimo del secondo tempo lo streaming diventa il miglior giocatore in campo: rallentamenti, rapidi saltelli in avanti di un minuto intero, cambio di lingua e scomposizione fisica dei giocatori. Mandiamo al diavolo Sarkozy e i francesi e cerchiamo di rimediare. Trovo repentinamente un link più leggero, con risoluzione peggiore ma senza problemi di velocità. I miei compagni si affrettano nei commenti : “ E’ russo” ma sono smentiti pochi secondi dopo dalla raffica di faringali, occlusive e stati costrutti. Un’arabista del mio calibro non ha dubbi: siamo su Al-Jazeera. Altro che l’elitario Sky. Sport per tutti. Ricordo le mie due uniche esperienze di partite visti in paesi arabi sul canale dell’emittente del Qatar. Le ultime due finali di "Supercoppa Italiana" Lazio – Inter e Roma – Inter; vinta la prima dai biancocelesti e la seconda dai nerazzurri. La scaramanzia è dalla mia parte. Subito vengo tartassato. "Ora ci dici cosa dicono questi qui!". Decidendo di evitare il classico trucco di inventare una traduzione, tanto poi l’arabo non lo capisce nessuno, mi sforzo a guidare la mente tra verbi di media debole e accusativi. “Kura. Ha detto kura che vuol dire palla.”, “Awwal. Ha detto awwal che vuol dire primo.”, “Zauri. Ha detto Zauri che vuol dire pippa fracica con i piedi a forma di zattera sbilenca.” “Tutto questo in una parola?”,” Eh lo sai come so st’arabi, na parola so cinque frasi nostre.”.
Il primo tempo scorre lento così, con una Lazio addormentata. Nell’intervallo i commenti sono affidati a Cesare Maldini, collaboratore dell'emittente. In studio si intasano gli idiomi. Prima arabo classico, poi dialetto, poi inglese e italiano tutto sovratradotto cinque volte. Alla fine ci rassegniamo; tanto di quello che pensa Maldini, tradotto in arabo, sulla Lazio non ce ne può importare di meno.
Al secondo tempo entrano Brocchi e Cissè al posto di Lulic e Klose. Ecco farsi sentire i primi sintomi del laziale esigente. “Ma come Klose? Ma Hernanes? Ma fuori Lulic?”. Chiamasi turnover: le competizioni sono tante e le forze è meglio distribuirle. Il tifoso medio vorrebbe in campo sempre Cissè, Klose e Hernanes con l’aggiunta di Nedved, Veron e Gascoigne a sostegno. I cambi sono visti con bidimensionalità, come se si giocasse al computer e tutti fossero sempre al massimo della forma. L’allenatore che conosce bene i suoi e le dinamiche dello spogliatoio non conta niente agli occhi di un critico da bar.
Appena l’arbitro fischia, al riprendere della telecronaca mettiamo in tavola la carta “scaramanzia”. Esordisce il Pollo: “Dai che con la telecronaca in arabo siamo avvantaggiati che abbiamo due calciatori musulmani in rosa!”, siamo perplessi:  “Scusa Pollo ma che stai a di?”, “Ma come oh. Lulic e Cana non so musulmani?”. Ci facciamo assalire da un raptus post 11 settembre : “Sicuro? Boh. A me sembrava fosse Cissè musulmano.”, “No te sbaji, quello era Kanoutè del Siviglia.”, “Allora che me dici de Matuzalem?”, “Quello è cristiano evangelico fondamentalista.”, “Come Kaka?”, “Na specie, solo che co du piedi de latta e co più tatuaggi.”.
Ripresi dalla paranoia dello spauracchio islamico ci concentriamo sulla telecronaca molto emozionante; ogni pallone che superi il centrocampo è accompagnato da urla del telecronista: “Aaaaaaaaaaa…..”. La Lazio sembra aver cambiato marcia, ma non ingrana la quinta, a malapena una terza con singhiozzi.
Poco prima del più bello sono costretto a lasciare la proiezione della partita. Compleanni di famiglia con orari accordati in precedenza. Studierò pure arabo, ma una cena a base di porchetta e mortazza non si rifiuta tanto facilmente. Me ne vado ovviamente con l’amaro in bocca per un risultato ancora in pareggio. La radio non si sente per problemi di diritti. Al diavolo Murdoch e Berlusconi. Che se ne vadano in Australia in crociera ad interessarsi di rugby e salto del canguro.
Appena arrivato a casa chiedo conferme sulla partita. Ha segnato Brocchi. Ma chi Brocchi il buddista? No quello era Baggio. Brocchi il camioncino d’acciaio, ricercato da Cia e Fbi per espirementi di clonazione per il centrocampo. Quello che è andato in bancarotta con Vieri. Ma non era buddista? Buddista non lo so, sicuro qualche santo protettore l’avrà in cielo,perché la deviazione di Texeira al suo tiro sicuro sarà stata telecomandata da qualche divinità.
Il gol non riesco a vederlo neanche su Youtube. Un complotto verso il mio amore per Brocchi. Chiedo spiegazioni sull’accaduto al Gazzobba e al Casty. Le differenti teorie di entrambi: fisica la prima, romantica la seconda. Spiegazione del Gazzobba : “Tiro di Brocchi, deviazione che ha fatto fare alla palla una traiettoria più (accento mio) arcuata e così (accento mio) ha scavalcato il portiere. Classica deviazione ‘pallonetto al portiere’. Hai capito quale?”. Spiegazione del Casty: “E’ come quanno tiri aa Play che ce sta er trucchetto pe segna se incappi bene. E il portiere non po scappa. Brocchi è tutto cuore e certe deviazioni se c’hai er core grande, prima o poi te capitano. Sta tutto qui er trucchetto.”.
Per farla breve una Lazio non bella ma corsara, pirata e caparbia porta a casa tre punti buoni. Anche se la qualificazione si giocherà tutta il primo Dicembre in Romania, dopo il successo del Vaslui contro lo Sporting Lisbona.
Si torna a casa ( si giocava a Roma, ma i giocatori una casa di proprietà ce l'avranno anche) con una vittoria e con fiato guadagnato per alcuni pezzi pregiati. Uno Cana meno criminale e un Marchetti sempre più convincente che vanno aggiunti alle certezze di sempre: Brocchi, Klose, Dias, Cissè e Ledesma. Il momento è ottimo. Stiamo assistendo a una vera e propria primavera biancoceleste. Le dittature del campionato italiano da ora in avanti sono avvertite.

Ciava

mercoledì 2 novembre 2011

Storie di calcio virtuale : da World Cup a Scoppolandia.

La generazione di mezzo alla quale appartengo in gioventù si nutriva di calcio. Alcuni iniziavano a militare nelle squadre locali all’età di sei anni,altri sceglievano scherma o rugby, due sport di grandi tradizioni a Frascati,ma, indifferentemente dal piccolo impegno sportivo di ognuno,si giocava tutti quanti a pallone. Nei parchi, nelle ville, nei giardini, negli anfratti, all’oratorio, in cameretta e sui balconi. Si finiva sempre sudati credendosi Baggio, Maldini,Raul o Batistuta. Uno contro uno, porta a porta, porta unica, portieri volanti, tutti contro tutti, tedesca,porticina e tornei a eliminazione diretta. Palloni di carta, succhi di frutta, palline, pali con zaini, felpe e traverse immaginarie.
Non sazi, calata la sera ci sfidavamo a Subbuteo in epici scontri Olanda-Argentina, Inghilterra - Francia, Juve - Roma. Dal piede alle dita la passione era sempre la stessa. Non di rado si spendevano le 500 lire al videogioco con schermata preistorica del bar sottocasa  smanettando con i comandi e imprecando contro il tempo scaduto e gli spicci terminati. Chi aveva l’Amiga o il Nintendo a volte organizzava con gli amici sessioni interminabili di calcio virtuale. Tiri segreti, bidimensionalità, campi ghiacciati e joystick rettangolari. World Cup. Tasto A Tasto B. Stile Barça perché a pensarci al calcio si può giocare anche solo con due pulsanti, facendo le cose più semplici. E poi fantacalcio, le figurine, Volpi e Poggi ( calciatori mediocri che hanno fatto la fortuna dei dentisti di tutta Italia): il calcio era la nostra pietanza preferita.
Si sognava tutti di diventare dei campioni, segnare all’ultimo minuto il gol decisivo al derby o procurare il rigore inaspettato a tre dal termine nella finale del Mondiale. Anche chi era terzino e aveva i piedi di a forma di Colosseo quadrato ( quello della pubblicità della Nike) non rinunciava a queste fantasie. Quando ci si è poi resi conto che la strada verso il successo era alquanto complicata, si decise di sognare, quantomeno, di diventare i dominatori incontrastati del calcio virtuale. Erano gli anni di Winning Eleven. Con l’avanzare delle tecnologie il Calcio divenne Totale.
Realtà e immaginazione si mischiavano in unico calderone. Ricordo il mio primo gol a Winning Eleven al pari di come ricordi le mie vittorie da giovane terzinaccio nei campionati nazionali. Cross da calcio d’angolo, la difesa avversaria ( comandata da Alan) allontana di testa, la palla finisce sui piedi di Edgar Davids che tira un missile terra-aria sotto il sette. Olanda 1- altra squadra 3.Una sconfitta che valeva come una vittoria. Da buon principiante, erano mesi che prendevo scoppole da tutti senza mai marcare una rete e quel gol mi ha aperto le porte del fantastico mondo del calcio virtuale.
Da lì un’infinita serie di diagonali al limite dell’aria, Zenden Overmars attaccanti laterali, Nedved e Poborsky macinatori di fasce, Roberto Carlos punta esterna ( pratica da me mai usata perché ero molto conservatore e realista anche alla Play, i rigori tutt’oggi li calcio come andrebbero calciati, ovvero chi ha buona tecnica con precisione e chi è uno zapparo bomba centrale.), filtranti con triangoli e falciate da dietro quando si rosicava. Se si spegneva la Play era il massimo degli affronti. Ho visto gente non parlarsi per mesi e non rispondere al telefono ad amici di una vita per un calcio d’angolo o un gol non meritato.
Winning Eleven si trasformò presto in Iss Pro Evolution acquistando alcuni diritti in più e conservando alcune pecionate. In quegli anni vincere un torneo a Pro equivaleva ad essere incoronato monarca assoluto. Le gesta di una vittoria sugli altri avversari poteva erano tramandate oralmente per mesi e mesi. E se successivamente si fosse persa una normale amichevole, si sarebbe sempre potuto tirar fuori la scusa di essere il campione del torneo da 16 iscritti e di averlo vinto con la Repubblica Ceca, mica con il Brasile o con l’Argentina. Le ragazze cadevano ai nostri piedi. In realtà la Play veniva prima di tutte le ragazze, le quali di solito sbuffavano da dietro i divani : “Che palle co sti videogiochi”. “Silentiiiiiii….non potrete mai capire la goduria di un gol da fuori aria e dello sbefeggio del contendente dopo ore di strabismo e di un etto di calli al pollicione!”.
Nelle mie prime grandi sessioni di Iss Pro, quelle che esci dopo sette ore di calcio virtuale e commenti il tempo meteorologico fino ad allora coperta dalle tende della cameretta con un : “C’è sole ma tira anche vento”, fui iniziato alle pratiche del gioco dal mio amico Alan, appassionato di calcio e di professione brasiliano. Eravamo soliti sfidarci a colpi di quadrati e rettangoli indossando le magliette delle formazioni da noi scelte. Il fatto che una persona abbia le magliette del Milan di Ayala e Andrè Cruz (il difensore) vi lascia immaginare la vastità della collezione. I nostri scontri andavano da Nigeria - Sud Corea a Argentina - Portogallo, Camerun - Australia e Milan - Psg. Quando si segnava era d’obbligo qualche balletto sotto la finestra. A dire il vero le partite a casa sua erano le più difficile:  espugnare la sua cameretta era molto complicato a causa di una foto ben visibile sul muro, che lo immortalava giovanissimo in braccio a nientepopodimeno che Pelè nello stadio nientepopodimeno che il Maracanà. Troppa soggezione nello sfidante. E se Pelè fosse sceso dalla foto venendo in suo aiuto?  Meglio perdere che immischiarsi in problemi più grandi di noi.
Quasi da subito iniziai ad alternare queste sessioni con altre, in compagnia del mio grande amico Giulio (anni dopo soprannominato Gazzoba), già ai tempi bestemmiatore doc. Il passaggio dalla Play Station 1 alla Play 2 fu rapido. Bastò schierare una volta con l’Inter Toldo come ariete centrale ( al bando le chiacchere sul conservatorismo) e segnare un gol di sinistro rasoterra all’ultimo minuto. Potete immaginare gli sberleffi rivolti al mio opponente. “ Segna sempre lui, l’ariete Toldddddddddooooooooo”. Il Gazzobba che già ai tempi era uomo di grande calma e saggezza si limitò a imprecare tutti i santi cristiani, a maledire metà discendenza della famiglia Moratti, a offendere le mie credenziali di buon giocatore, ad accusare le divinità buddiste e l’oroscopo di Paolo Fox. Ritornato in sé, si avviò con molta tranquillità verso lo sgabuzzino, ripresentandosi un minuto dopo  con martello in mano. Le bestemmie erano ora svanite. Si passava alla classica violenza da Hooligans di Iss Pro. La foga con cui si scaraventò contro l’incolpevole piattaforma virtuale mi riportò alla mente lo scontro iniziale di “2001 Odissea nello Spazio”.
Fui bandito per un mese da casa sua e tornai solo dopo che si comprò la Play Station 2 per testare il nuovo Iss Pro. Quando si compra l’ultimo numero della serie i commenti sono sempre sbalorditivi: “ Sembra vero” “ Che gioco! Si sono superati questa volta”, “ Gran realistico”. Senza accorgersi del fatto che siano identici ai complimenti dell’anno prima; persino a quelli rivolti a Iss Pro 2, che per far girare l’attaccante dovevi muovere a tempo con le mani la televisione, altrimenti il giocatore sarebbe andato dritto senza fermarsi.
Tra tutti questi pixel il mio più grande pregio è stato quello di non possedere mai né Play Station né X-box. Mi sono fermato alla prima Nintendo di Mario Bros e del già citato World Cup. Le suddette esperienze a casa di amici mi fecero diventare ( pseudonimo che uso ancora oggi) “il giocatore più forte di Iss Pro Evolution Soccer di tutta l’Europa Centrale a non possedere una Play Station a casa”. Anni fa mi arrivò notizia da parte di un mio amico in viaggio in Germania che a Dresda ci fosse un ragazzo che rivendicava lo stesso titolo. Adesso il quesito sarà affidato a geografi e storici per stabilire se Dresda sia o no Europa Centrale.

Nel frattempo gli Iss Pro si susseguivano e sul mercato iniziava a farsi sentire anche la concorrenza di Fifa. L’ultimo e unico Fifa che avevo era quello del 98 per il computer. Un gioco che ha fatto la storia. Si poteva trasferire i giocatori facilmente e si terminava sempre con corazzate del tipo: Barthez, Thuram, Hierro, Maldini, Roberto Carlos, Beckham, Redondo, Giggs, Zidane, Ronaldo e Batistuta con l’aggiunta di panchine che avrebbero fatto gola a mezza Europa. Da qualsiasi posizione del campo il tiro centrava la porta, prima del centrocampo non si poteva tirare, si poteva intervenire in scivolata sul portiere pronto a rinviare rimediando un’espulsione. Rimasti in sette la partita era vinta a tavolino dal computer. Si usciva rosicando ma da veri assassini. Couto e Montero a Fifa 98 giocavano col completo di Rambo Uno per questo motivo.
L’anno scorso addirittura qualche appassionato si è sbilanciato nel profetizzare il sorpasso di Fifa sul suo rivale storico. Il Gazzobba, estremista di Iss Pro, confutava queste tesi con bestemmie al quadrato e snocciolando a suo favore ben sette leggi della fisica per cui i movimenti dei giocatori di Fifa fossero irreali, tra queste la legge del : “Ma come cazzo fa Gattuso a fa ngo così?”.
Fifa doveva ancora aspettare. Erano ormai due anni che io e Gazzobba non ci sfidavamo più tra noi in lunghissime sfide condite da sinossi come :”Sti sempre a scula” “Zitto che so più forte io,na vedi mai con me a palla” “Io non ho toccato niente, la scivolata me l’ha fatta er computer, anfame!”. Avevamo preso, infatti, l’abitudine di giocare in due con la stessa squadra e sfidare il computer. Ecco quindi un Europeo vinto con l’Italia con gol di Perrotta ai supplementari, un Mondiale con la Spagna e una Champions con il Liverpool, quest’ultima sudata quattro camicie. Ma tutto ovviamente iniziando le semplici competizioni e selezionando di volta in volta la squadra. Finché l’anno scorso ci imbarcammo in quella magica avventura che tutti gli appassionati conoscono con il nome di Master League. Intenzionati ad andare al sodo  ci siamo presi subito la Lazio, con i giocatori in rosa dell’anno scorso, per risparmiarci due stagioni con i vari Castolo, Minanda e Jaric. Colonne portanti di un calcio stellare.
Lo spennellone
Primi due anni buoni, perdiamo una finale di Coppa Italia contro il Catania, quarti di Europa League e terzo posto nella seconda stagione di Campionato, con un grande Peter Crouch acquistato dal Tottenham che segnava in qualsiasi maniera. Crouch fu un acquisto obbligato essendo un pallino storico del Gazzobba; una volta rischiò di essere bandito per secoli da casa Cimotto perché un gol segnato con lo “spennellone” inglese all’ultimo minuto provocò quel fenomeno fisico che i letterati chiamano ”raffica di bestemmie di gaudio”. Tutto questo alle tre di notte con la madre di casa Cimotto militante di "Comunione e Liberazione" che dormiva nella stanza di sopra.
Crouch a parte, ingraniamo e diventiamo campioni d’Europa il primo anno di partecipazione alla Champions con lo scheletro della formazione dell’anno precedente della Lazio e con l’aggiunta di Palmieri ( giocatore inventato da Iss Pro, baluardo difensivo dai piedi a spirale), Cigarini, Giovinco e Cavani. Zarate pallone d’oro. Calcio virtuale allo stato puro. L’anno dopo facciamo il botto sul mercato, tutti via, arrivano Silva ,Ozil, Benzema, Thiago Silva e Busquets. Vinciamo tutte le coppe inventate, ma in cinque stagioni non riusciamo mai a vincere un campionato. Con 92 punti finiamo per due anni secondi. La Roma davanti a noi ne fa sempre qualcuno in più. 93. 94. I cugini hanno costruito la squadra anti-Lazio acquistando Ribery, Aguero, Nasri, Guti, Iniesta e Ferdinand. Altro che progetto. Calcio virtuale allo stato puro. Un anno gli vendemmo anche il povero Lichsteiner. Fantascienza intergalattica.
La stagione successiva firmiamo con Messi, Ibra e qualche altro fenomeno. Andiamo falliti e finisce così la nostra avventura. Come ai tempi di Cragnotti.
Sembrava che per noi due il calcio virtuale avesse fatto il suo corso ma un giorno di quelli vuoti, con le lancette dell’orologio che scorrono lente, mi arrivò una chiamata del Gazzobba a casa: “Devi venire subito. Mi sono comprato Fifa 12”. Apriti cielo. Ma chi il Gazzobba? Colui che se vedeva lo stemma della Ea sports correva a prendere benzina e fuoco? Bestemmiatore dei tre mondi, fisico in provetta e presidente delle due Laf, Lega anti foulard e Lega anti Fifa? Un’occasione da non perdere. I cattolici di tutto il vicinato sono avvertiti repentinamente onde evitare possibili fraintendimenti.
Da critico professionista non saprei dire quale tra i due giochi sia migliore. Di certo Fifa ha fatto passi da gigante e la parte tecnica su trasferimenti e svolgimento tornei è di gran lunga su un altro livello. Decidiamo di provare l’ebbrezza di cominciare una Master League dalla Serie B, cosa impossibile a Iss Pro visto che i medici sconsigliano,per salvaguardare la salute, di scegliere formazione militanti nel campionato cadetto della Konami quali il Quatzola.
Ciofani in uno dei suoi famosi calci rotanti
La scelta ricade sull’Ascoli. Il “Projetto” era di conquistare la promozione la prima annata. Iniziamo con un paio di scoppole servite a freddo. Ancora ci dobbiamo abituare. Continuiamo con scoppole a portar via, scoppole fritte, scoppole al vapore e scoppole grigliate. Crediamo forse che sia il fatto di distrarci ogni volta che la voce di Caressa pronunci il nome di “Papa Waigo” a non garantirci la giusta concentrazione per portare a casa almeno un pareggio. Fatto sta che dopo una cocente scoppola contro il Sassuolo riavviamo da capo. Basta. Si rivoluziona tutto da oggi. Iniziamo nuovamente, ma stavolta con il Padova ( che a Fifa è “Padua”, forse alla maniera padana, chissà). Il “Projetto” era quello di conquistare la promozione la prima annata. Cutolo, Milanetto e Succi i nostri eroi. Dopo una partenza stravolgente ordiniamo due scoppole alla giudea, scoppole salate, scoppole tritate, scoppole al curry, scoppole sottolio. Rischiamo l’esonero. Diventiamo i monarchi assoluti di Scoppolandia.
Le imprecazioni si moltiplicano. Sinceramente io posso capire la difficoltà sempre crescente dei giochi di calcio virtuale, ma prendere tre gol da Caridi del Grosseto è proprio frustante. Per non parlare di Ciofani dell’Ascoli che quando lo avevamo noi era una pippa al sugo e ora sulla fascia si diletta in doppi passi, tunnel, piroette e calci rotanti.
Io ci provo a continuare a credere nel “Projetto” ma il Gazzobba assicura che appena ha tempo si va comprare Iss Pro 12 e al diavolo Fifa, Blatter, Platini e Ciofani.
Isterismo da calcio virtuale. L’amore per il pallone porta a tali pazzie. Malattie incurabili. Ma attenzione a non illudersi tanto facilmente . Questo mondo soprannaturale è solamente l’altra faccia di una medaglia ben nota. A volte non si allontana di tanto dalla realtà. Così come i videogiochi ti fanno innamorare di piccoli particolari, di controfigure e attori secondari di questo sport, nel calcio reale spesso sono i Gottardi, i Marco Lanna, i Guglielminpietro, gli Hargreaves, i Poggi e i Fabio Junior che lasciano un tocco di magia nell’aria . Esseri normali che per un giorno o per un’esistenza intera diventato degli eroi o dei mostri, ti riportano dolcemente indietro con gli anni, a quando eri bambino e sognavi un futuro da calciatore. Così è il calcio virtuale.
Certo vincere due Champions League con la Lazio e poi rischiare di essere esonerato con il Padua è un’esperienza che non auguro a nessuno.

Ciava.