lunedì 28 novembre 2011

La pizza d'Osvaldo e l'arte sacra del Tikitaka in terra capitolina.

L’arte sacra del Tikitaka finalmente è rivelata a noi comuni mortali della Penisola pallonara. Questa antica tecnica di palleggio, nata nelle valli catalane, è praticata da mesi nelle borgate romane, nella sua variante scismatica anche nota come : “Ao passame a palla”.
Il progetto era quello di riunire le rivalità storiche barcellonesi nelle figure di Luis Enrique e Osvaldo; allenatore della seconda squadra del club più forte del mondo uno ( ma non per questo la seconda squadra più forte del mondo) e attaccante di rilievo dell’Espanyol l’altro. Aggiungendo alla magica pozione anche Gago, ex madridista e tassista a tempo perso, si sarebbero riappacificate faide decennali tra le varie compagini militanti in Liga e si sarebbe esportato il meglio del meglio in terra romana, terra di lottatori e gladiatori.
Purtroppo l’arduo piano messo in atto da una cordata americana, arrivata in Italia con lo stereotipo di “Pizza, spaghetti e mandolino”, è ancora in fase d’attuazione.
Le condizioni ambientali, la fauna circostante e la dolce vita romana hanno caratterizzato in maniera particolare il progetto che, per una serie di congetture astrali, ha preso una direzione distante dall’armonia auspicata. Le radici del Tikitaka romano, dopo gli ultimi fatti di Udine sono quindi da cercare altrove.
Un pool di studiosi di Standford, incaricati dal patron giallorosso, ha indicato, come nascita di questa deviazione scientifica del sacro Tikitaka, la gomitata ricevuta da Luis Enrique da Tassotti nel quarto di finale di Usa 94’.
Il trauma di quella violenza non avrebbe mai abbandonato l’enfant prodige asturiano e avrebbe avuto ripercussioni serie ( “catastrofiche” nelle parole degli scienziati) sull’attuale situazione romanista.
Ecco quindi spiegate le incertezze e gli attriti dello spogliatoio giallorosso, culminate Venerdì sera con la lite tra Osvaldo e Lamela.
Fonti ufficiose ci parlano di una squadra divisa, con i “senatori” infuriati contro le “giovani promesse” o “eterne promesse” e di un Osvaldo fuori di sé per un pallone non ricevuto in una chiara occasione da gol da Lamela.
Non si sa ora se Osvaldo si sia rivolto a Lamela in spagnolo, in italiano o a gesti. Sicuro è che il fantasista argentino risponde, chiaro e conciso come il suo modo di giocare, senza troppi giri di idiomi apostrofando Osvaldo con un  “Zitto. Sei solo un tipo da spiaggia” e consigliandogli di “tornare alla sua vecchia professione di panettiere”; altrimenti se la sarebbe vista brutta. Coraggio che conferma le teorie per cui "El Coco" in realtà sia solo il soprannome storpiato del giovane Lamela, che alle scuole medie era in realtà conosciuto come “El Loco”, per la facilità con cui saltava le lezioni, spaccava i vetri delle aule con tiri a giro e guardava sotto le gonne delle ragazze.
L’ira di Osvaldo esplode incontenibile, come un gol di rovesciata annullato, come una maglietta di sberleffo con l’uniposca mal riuscita. Lamela si prende una delle più classiche “pizze in faccia”. Testimoni raccontano di aver temuto il peggio. Fortuna che Osvaldo non abbia scatenato sul povero semiconnazionale la potenza della mitica “pagnotta mortale tripla farcita di nocche”, mossa a cui è quasi impossibile sopravvivere.
Luis Enrique rimane soddisfatto e ottimista. Serve tempo. La tecnica sacra del Tikitaka se proprio non dovesse dare i suoi frutti in terra capitolina potrebbe quantomeno diventare un’arte marziale di tutto rispetto; i praticanti e promettenti combattenti sicuro non mancano.
La storia ci insegna che campioni si può diventare anche praticando queste arti. Le testate di Zidane, le spinte di Cantona, i calci volanti di Maradona non hanno intaccato la storia di grandi carriere. A Roma sono avvertiti. Non disperate. Totti, gran esempio per le nuove leve giallorosse, tra cui Osvaldo, sono anni che prova a scalciare e a imitare i gestacci dei grandi fuoriclasse. Con l’avvento della sacra scuola del Tikitaka forse è giunto il momento di svolta per tutta la Roma. Il momento di mettersi la cintura nera e ripetere tutti insieme l’antico motto di questa compagine capitolina: “Ao sto qua, passame a palla se no te crocco!”.

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