lunedì 29 ottobre 2012

Tecnologia in campo


Spoorts and culture - Tecnologia nel calcio e cerbottane.

Innovazioni sul campo, sistemi complessi per calcolare gli assist e vecchie discussioni.


La terna arbitrale del futuro

- Da un computer di casa il tifoso controlla la situazione del traffico cittadino e calcola il tempo di percorrenza effettivo fino allo stadio. Il calciatore in trasferta chiama tramite Skype, sul proprio cellulare, la moglie a casa con i figli. Il fantasista manda un messaggio via Twitter ai propri tifosi, quindici minuti prima di scendere in campo. Le telecamere entrano nello spogliatoio per scrutare pensieri, tatuaggi e sorrisi dei giocatori delle due formazioni. All’ingresso dello stadio i tornelli elettronici controllano che il codice di ogni biglietto sia in regola. L’allenatore diffidato dispensa consigli telepatici con cellulari e altri marchingegni. Le squadre sono pronte; per settimane hanno studiato l’avversario grazie ai più sofisticati sistemi tecnologici sul mercato.

Maggiani durante Catania-Juve
Dentro il campo un fischio. Black out. L’arbitro per valutare la distanza della barriera fa dei saltelli scomposti. Il guardalinee si consulta con i propri santi in paradiso. Il quarto uomo dà il recupero contando mentalmente gli angoli, i rigori, gli infortuni e le sostituzioni. Nel calcio se un tifoso fa irruzione interrompendo la partita per dieci minuti il cronometro non si ferma. L’arbitro concederà dieci minuti di recupero. Schiere di uomini nel mondo esterno fanno l’amore con la tecnologia. Il calcio si arbitra con le cerbottane. 

- La tecnologia che molti sognano esiste già. Nel mondiale sudafricano del 2010 l’arbitro di Germania-Inghilterra annulla un gol regolare di Lampard. Nello stesso istante i maxischermi dello stadio ripropongono il replay dell’azione. Le proteste del pubblico sono rumorose quanto giustificate. Lo stesso accade per una rete convalidata a Tevez contro il Messico. Il direttore di gara, l’italiano Rosetti è a disagio dopo aver visto di sfuggita, sui teleschermi dell’impianto, che l’argentino era partito da posizione di fuorigioco.

- In Italia non ci sono maxischermi per il replay. Il risultato però non cambia. Quando la terna arbitrale di Catania-Juve inscena una riunione per decidere se annullare o no la rete di Bergessio, da casa gli spettatori hanno già visto con largo anticipo la regolarità dell'azione. Errore di valutazione e perdita di tempo quindi. 

- La questione appare complessa. Microchip, spie, triangolazioni, replay, controlli imparziali e investimenti. Si dovrebbe partire dalla semplicità iniziando ad utilizzare un ausilio tecnologico nelle situazioni in cui il gioco è fermo. Nei gol di El Shaarawy, Bergessio, Mauri e Vidal sarebbero bastati cinque secondi per valutare l’accaduto. Un periodo di tempo minore rispetto a quello impiegato per le proteste.

- Il calcio non è il tennis, il football americano o il basket, ma un aggiornamento al passo con i tempi gioverebbe al sistema intero. Occhi di falchi contro miopia.

- Anni fa le sostituzioni non esistevano, il portiere poteva prendere il pallone con le mani dopo un passaggio indietro di un proprio compagno, le partite di coppa se si pareggiavano si rigiocavano ( come accade ancora in Fa Cup), non esistevano rigori al termine del match. A volte è successo che un passaggio del turno si giocasse con il lancio della monetina.


- Il calcio è un gioco dinamico, il cambiamento fa parte della sopravvivenza di ogni sport. Rugby e pallavolo non sono più quelli di trent’anni fa. Il calcio di domani non potrà essere il calcio di oggi.

- In parrocchia non avevamo di questi problemi arbitrali. Ogni tanto si finiva in rissa. Ma all’oratorio c’era in gioco “solo” l’orgoglio. Se parliamo di qualificazioni milionarie a competizioni europee per club o ai tanto desiderati mondiali, se sono in palio assegnazioni di scudetti o retrocessioni allora ogni errore arbitrale rappresenta un risultato falsato di un sistema ricchissimo di selezione, preso da tutti sul serio. Un minimo errore ci sarà sempre. La perfezione non esiste. Ma qualcuno potrebbe provare almeno a superare l'attuale situazione stagnante di mediocrità.

- Un mio amico, appena tornato dall’Olimpico, ancora ubriaco dal sali e scendi boemo, mi incrocia  dubitoso, prima di andare a letto a prenderne altri tre nel sonno: “C’era il rigore per l’Udinese? Il fuorigioco di Domizzi?”. Nella Nfl americana l’arbitro con un microfono collegato agli altoparlanti dello stadio spiega le decisioni più critiche agli spettatori. Nel calcio siamo al medioevo.

- Il pasticcio di Catania ha anche i suoi risvolti ecumenici negativi. L’evangelico Legrottaglie è una furia. Chissà se anche Dio è favorevole all’introduzione della tecnologia in campo? Aspettiamo parabole da 140 caratteri scolpite sulle tavole di Twitter.

- Dalla rabbia cristiana ai ringraziamenti musulmani. Ljajic, dopo uno splendido gol contro la Lazio, mostra una maglietta con la scritta :”Bajram mubarek olsun”. Forma bosniaca, adattata dal turco, per augurare una buona Festa del Sacrificio alla comunità islamica.

- Della Valle nell’infinità polemica con Agnelli reclama la vittoria del campionato del’82, dimenticandosi di quanto avvenuto poche ore prima al Franchi, con una buona Fiorentina sul campo aiutata dalle dubbie decisioni della terna arbitrale.

- Inizia la sagra dei reclami dei campionati passati. Armarsi di bianchetto e inchiostro. Un amarcord di qualche anno fa...


- Le polemiche di questa giornata arrivano anche oltre Manica. Nella Premier League il Chelsea perde 2-3, rimasto in nove uomini, contro il Manchester Utd. Gol decisivo di Chicharito Hernandez in fuorigioco. Adesso le due di Manchester sono ad un punto dalla franchigia di Abramovic.

- Gli umori sono calmi in Spagna. In assenza di classici in vista e annesse conferenze stampa di fuoco. Barcellona e Real Madrid si rendono protagoniste entrambe di schiaccianti manitas; ai danni rispettivamente del Rayo Vallecano e del Mallorca. L’Atletico di Simeone non cede il passo e conduce la Liga con 25 punti in compagnia dei blaugrana di Vilanova. Da quando allena i colchoneros l’ex giocatore di Inter e Lazio ha collezionato in 43 partite: 30 vittorie, 8 pareggi e 5 sconfitte.

- Messi con lo schiaffo a mano aperta del Barcellona al Rayo raggiunge il record di 301 gol segnati con la stessa maglia. Mai nessuno come lui con la squadra catalana. Cesar Rodriguez è il secondo di sempre con 232 sigilli, seguono Kubala con 194 e quarti a pari merito Eto’o e Rivaldo a quota 130.

- Fabregas conduce la stravagante classifica degli assist a livello europeo con 9 suggerimenti finalizzati a rete. Seguono: Müller 8, Di Maria, Mata, Hustzi 7, Benzema, Hazard, Rooney, Messi 6. Gli italiani lontani a 4: Totti, Asamoah, Hamsik e Cerci . 


- Chissà se la Fifa lascia utilizzare per le statistiche internazionali sistemi tecnologici di controllo o, seguendo la tradizione medievalista dei novanta minuti sul campo, calcolerà gli assist grazie all’ausilio di un infallibile pallottoliere.

giovedì 25 ottobre 2012

La tragedia del Luzhniki

Spoorts and Culture- La tragedia del Luzhniki


Mosca 20 ottobre 1982 - Un disastro dimenticato, riemerso dall'oblio solo dopo il crollo dell'Urss.

Allo stadio Lenin, ora Luzhniki, si giocano i sedicesimi di finale di Coppa Uefa. A fronteggiare la squadra di casa, il mitico Spartak di Mosca, c’è l’Haarlem, modesta compagine olandese, orfana del talentuoso ventenne Ruud Gullit, appena trasferitosi alla corte del Feyenoord. 



Negli ultimi due anni il calcio sovietico si difende piuttosto bene: alle Olimpiadi di Mosca del 1980 la nazionale si classifica terza e ai Mondiali del 1982, guidata dai gol del bomber ucraino Oleh Blochin, riesce a superare il primo turno nel girone del Brasile. Solo la differenza reti le impedisce di approdare in semifinale al posto della Polonia di Boniek.

Sul campo politico invece, lo Stato sovietico si avvia ansimante verso lo scadere dei tempi supplementari, la sua fase terminale. La guerra in Afghanistan, giunta al terzo anno, sta lentamente diventando il Vietnam dell’URSS e una brutta malattia logora il vecchio leader Leonid Brežnev, settantasette primavere, al potere da diciotto inverni, a cui va aggiunta la destabilizzante incognita sulla sua prossima successione.

A peggiorare la situazione, un nuovo inasprimento delle relazioni con gli Stati Uniti. Da due anni, nello studio cinematografico della Casa Bianca, siede un presidente ex attore di Hollywood, con una particolare passione per l’Antico Testamento. La glasnost, la politica di trasparenza voluta da Gorbaciov, è ancora lontana. Della tragedia del Luzhniki, per anni, nessuno seppe niente. 

Una partita come tante che si trasforma in uno dei maggiori disastri della storia del calcio. A Mosca poche migliaia di persone, forse 15 mila, sfidano il Generale Inverno e vanno allo stadio. 

La maggior parte viene fatta sistemare su una sola tribuna, probabilmente perché è l’unica in cui la neve è stata spazzata. Al 16° del primo tempo un gol del modesto Edgar Gees porta in vantaggio i padroni di casa, poi fino all’85° nulla. I troppi gradi sotto lo zero congelano la partita e molti spettatori decidono di tornare a casa prima della fine. Mentre la gente sfolla, Sergej Aleksandrovič Švecov, difensore dello Spartak, segna il gol del  2-0. Con la polizia colta di sorpresa, molti tentano di rientrare; è il panico. Da lì un buco nero, si passa dall’agitazione ai morti; non c’è una dinamica chiara, un responsabile, un cedimento. Niente. 


Non esistono numeri ufficiali: alcuni dicono 66 morti, altri 134, 340, 350. Tanti dubbi sul tragico sviluppo: c’è chi parla di un crollo della scalinata a causa di uno schiacciamento dei tifosi e chi racconta di scontri con la polizia. 

Il giorno dopo a Mosca nessuno sa nulla: la trasparenza non è certo il forte di un regime come quello sovietico. Un giornale parla brevemente del crollo di una scala allo stadio e di alcuni morti. Nessuna inchiesta ufficiale, tranne una messa in scena che vede come unico imputato il custode dello stadio, uno Yuri qualsiasi, condannato a diciotto mesi di lavori forzati. Per anni, la tragedia è insabbiata. Per un lungo periodo le porte dello stadio rimangono chiuse per evitare imbarazzanti commemorazioni. 

La storia viene dimenticata fino al 1989, quando ormai l’esistenza dell’Urss è vicina al triplice fischio: la glasnost ha ormai preso il posto della politica dei segreti di Stato, e catastrofi anche maggiori, come quella di Černobyl', sono rese pubbliche. Il 18 aprile 1989 un settimanale sovietico pubblica un elenco di tragedie negli stadi, includendo quella del Luhzniki. Appena tre giorni prima, allo stadio Hillsborough di Sheffield, novantasei tifosi del Liverpool morirono in un’altra ressa durante la semifinale della Coppa d’Inghilterra tra Liverpool e Nottingham Forest.

La partita tra Spartak e Haarlem, quel giorno, continuò lo stesso. Lo Spartak Mosca passò il turno grazie al tragico 2-0 e all’ 1-3 del ritorno in Olanda, ma venne eliminato agli ottavi dal Valencia. La Coppa Uefa andò all’Anderlecht, che sconfisse il Benfica nella doppia finale. 


Lion e Mikey Dread

venerdì 19 ottobre 2012

Il taccuino di Mario: appunti n°3


1- Cassano non ha ricevuto la non convocazione in nazionale. Neanche io.


2 - De Rossi escluso da Zeman, in nazionale segna due gol. Osvaldo escluso da Zeman, in nazionale segna un gol. Profumo d'azzurro per Perrotta.

3 - Felix Baumgartner compie l'impresa di lanciarsi da 39.000 metri, infrangere il muro del suono. RedBull ti toglie le ali.

4- Balotelli: "Sarò un buon padre". Se arriva a sei anni con quei due genitori, lo faccio anch'io un figlio.

5 - Kjiaer: "Se la Roma vuole sono sempre pronto a tornare". Simon, mangia tranquillo. 

6 - Juve-Napoli, prevista invasione di napoletani nelle strade di Torino. Sono i cassaintegrati FIAT.

7 - Allegri non ha paura di perdere il posto. Nessuno prenderebbe mai il suo posto.


Mario Savina


Nota aggiuntiva del redattore:

(I 3 punti che mancano ai canonici 10 rappresentano, in una visione filosofica da pippa mentale,  la mancanza del campionato, in una settimana sportiva che, in assenza del suo principale attore, perde il proprio significato biblico. La nazionale guadagna il palcoscenico ma in realtà è solamente un contorno alle beghe delle Seria A. Senza campionato anche uno sconosciuto come Felix Baumgartner riceve un po' d'attenzione. In una domenica calcistica normale, il record di infrangere la velocità del suono sarebbe stato oscurato dall'effetto di una "maledetta" di Pirlo, dalle cadute libere del Milan di Allegri e dai calcoli astronomici di differenze reti in testa alla classifica...Per fortuna le particelle delle Serie A torneranno a scontrarsi a breve....)  

sabato 13 ottobre 2012

Il Manifesto



Il paesaggio sembrava un po' diverso dal nostro. In sequenze di palazzoni tutti uguali vivevano uomini che passavano il tempo davanti alla TV.

In TV si guardava il calcio.

Nel paese della Caffettiera le mogli preparavano i caffè ai mariti davanti alla TV; qualcuno lo zuccherava, qualcuno lo borghettava, altri lo assumevano amaro per prepararsi alle emozioni pomeridiane come fosse un vaccino.
I figli delle donne con la caffettiera e degli uomini davanti alla TV giocavano a calcio nel parcheggio sotto il palazzone che confinava col centro commerciale.


Erano divisi in due squadre:
I sotto, quelli che abitavano dal primo al tredicesimo piano, bravi nel gioco a terra, tecnici, intelligenti e poco muscolosi a causa dei pochi piani di scale che affrontavano quotidianamente.
I sopra, dal quattordicesimo al ventiseiesimo piano, sprovvisti di ascensore. Tosti, massicci, forti nel gioco aereo. Tanto cuore e poco piede.
La leggenda vuole che i sopra siano gli inventori del catenaccio, dal nome della particolare chiusura che adottavano per le finestre per non essere derubati dai paracadutisti della zona.

Chi non era in grado di giocare tifava.

I tifosi dei sotto erano soliti seguire la partita dal giardino, con sciarpe colorate dedicate ai loro calciatori più rappresentativi, e inneggiavano alle loro gesta con cori polifonici molto ben armonizzati, aiutati da qualche bicchiere di vino. I supporters dei sopra, invece, preferivano partecipare denudandosi dall'ombelico in su, sostenendo i loro idoli dal terrazzo con rullanti, tamburi e altri strumenti da banda balcanica, ebbri di birra.

Nel parcheggio del palazzo del paese della Caffettiera le partite scorrevano, le gambe correvano, le ginocchia si sbucciavano e i nostri sbocciavano, facendosi ometti. Arrivarono i primi forfait per motorini, ragazze o eccesso di pippe prepartita. Qualcuno fumava, qualcuno passava ai computer e alla Gamestation, mentre qualcun altro addirittura leggeva.
Nell'ala sinistra del grande palazzone della Caffettiera, detta il manico, il giovane Carlo si appassionava a Stefano Benni, alla “Compagnia dei Celestini” e alla pallastrada.


Quanta differenza c'era tra il calcio del parcheggio e quello dei loro genitori in TV?

Carlo fece amicizia con altri coetanei appassionati, che venivano dal paese della Lavastoviglie e della Domenica a pranzo.

Parlarono, agitarono, animarono; e scrissero.

Appunti un po' illuminati un po' confusi su quello che sarebbe dovuto essere, sul presagio di un terremoto che avrebbe portato l'intero arcipelago dei paesi Chiusi in casa a cambiare le cose.
Appunti scritti sul retro dell'album delle figurine.

Tutti insieme, dai catenacciari del diciottesimo piano agli smilzi del quinto, dai fabbri della squadra di sopra agli impiegati della sotto, pregustavano il tempo della rivoluzione del calcio, in cui i poveri, i dimenticati, i bambini avrebbero preso a pallonate i padroni del palazzo e le loro tv.
Proprio per questo, dal primo all'ultimo piano, dal paese della Domenica a pranzo al paese della Lavastoviglie, pennarello in mano si riunirono nello scantinato del palazzo della Caffettiera, e stesero per filo e per segno la nuova grammatica del calcio.
Sarebbe stata pubblicata in inglese, francese, tedesco, italiano, fiammingo e danese.

"Come lo chiamiamo Carlo, il poster del calcio?"
"Meglio il manifesto della partita comunista!"

Punto 1 - Il Calcio è divertimento. 

Punto 2 - Il Calcio è un gioco della gente per la gente.

Punto 3 - Davanti ad un pallone tutte le persone sono uguali.


Punto 4 - Il gol è l’estasi del Calcio.


Punto 5 - Il gol del Portiere vale doppio.


Punto 6 - L’esultanza dopo un gol non ha una durata specifica. Il tutto è a scapito del marcatore.


Punto 7 - Dopo il gol si possono mostrare magliette e scritte, purché non siano offensive nei confronti di terzi.
Punto 7 comma 1 – Scritte offensive è diverso da “sberleffi”.


Punto 8 - Sono aboliti tutti gli sponsor sulle maglie da gioco e a bordo campo.


Punto 9 - Il Calcio può essere giocato in qualsiasi luogo: prato, marciapiede, spiaggia, cortile camera da letto e stadio.


Punto 10 - Il 10 è proprietà esclusiva di Diego Armando Maradona, rivoluzionario del Calcio, quindi non esiste un punto con questo numero.


Punto 11 - Ogni sasso, roccia, zaino, bottiglia, albero può formare i pali della porta.

Punto 11 comma 1 - Nel caso non ci fossero oggetti disponibili per limitare la porta (ad esempio con porta posizionata in mare) si può giocare anche con distanze immaginarie, precedentemente accordate dalle diversi parti in gioco.
Punto 11 comma 2 - Nei casi descritti al Punto 11 comma 1, per evitare ogni dubbio, si consiglia vivamente la distanza di quattro ampi passi per delimitare i pali e un salto con braccio teso per delimitare la traversa.


Punto 12 - Ogni sasso, bottiglia, pigna o cartone ha il diritto di essere calciato.


Punto 13 – Il risultato di pareggio non è abolito per pura praticità, ma è fortemente ripudiato.

Punto 13 comma 1 – Fanno eccezione le partite con più di tre gol per squadra ed occasionalmente le partite a reti inviolate, ma con annessa sagra di pali e traverse.

Punto 14 - E’ abolita la figura dell’arbitro. I giocatori delle due squadre prendono le decisioni di comune accordo.


Punto 15 – Sono interdetti dallo svolgere il ruolo di presidente di un club tutti i petrolieri, politici, usurai, sfruttatori, direttori d’azienda, monopolisti, banchieri, monarchi, proprietari di televisioni, affaristi, ladri di stato e il clero.

Punto 15 comma 2 - Della categoria dei ladri di stato non fanno parte i pirati, che possono svolgere l’attività di presidente regolarmente.
Punto 15 comma 3 - Fanno eccezione nel clero le suore, che possono svolgere l’attività di presidente regolarmente.


Punto 16 - I diritti televisivi sono proprietà del pubblico. Tutti hanno il diritto di vedere una partita di Calcio senza alcuna distinzione di tifo e maglia.


Punto 17 - Sono aboliti i nomi dietro le maglie.


Punto 18 - Sono abolite tutte le divisioni tra i diversi settori di uno stadio.

Punto 19 - Al termine della carriera ogni calciatore deve impegnarsi per almeno 15 anni in attività di supporto al calcio giovanile. Solo dopo questo periodo si ha diritto al pensionamento.


Punto 20 - Sono abolite le classiche interviste post-partita. Fanno eccezione le interviste riguardanti gusti musicali, abitudini culinarie e aneddoti d’infanzia.


Punto 21 -  A fine primo tempo si possono prendere tè caldi, birre o caffè corretti.


Punto 22 - Le relazioni coniugali di un giocatore sono interesse suo personale.


Punto 23 - Il fuorigioco va interpretato secondo le varie scuole di pensiero neoplatoniche e marxiste.


Punto 24 - E’ vietato l’uso di Ipod negli spogliatoi e sugli autobus.

Punto 24 comma 2 - E’ vivamente consigliata una partita di scopone scientifico.

Punto 25 - Chi vince offre da bere a chi perde.



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Qualche anno dopo il paesaggio sembrava solo un po' diverso dal nostro. In sequenze di palazzoni tutti uguali vivevano uomini e donne che passavano il tempo davanti alla TV. Gli uomini guardavano il calcio, e anche i loro figli.
Nel parcheggio silenzioso le luci erano spente.

Da quando l'emittente televisiva Sea aveva acquistato i diritti di numerosi parcheggi, prati e spiagge del paese della Caffettiera, durante gli orari delle partite in televisione, che ormai occupavano il 70% del palinsesto, vigeva un severo coprifuoco sportivo. Pigne sassi lattine e palloni giacevano quiescenti in attesa di calci e ginocchia sbucciate.


Pochi temerari ricordavano le gesta dei sopra e dei sotto, e le celebravano in tornei clandestini in scantinati, fabbriche abbandonate e boschi inaccessibili. Sognavano un calcio diverso e pregustavano il tempo della rivoluzione, in cui i poveri, i dimenticati, i bambini avrebbero preso a pallonate i padroni del palazzo e le loro TV. Almeno finché qualcuno non avrebbe acquistato anche i loro diritti d'immagine.


Mikey Dread


I punti del Manifesto sono stati pubblicati due anni fa da Ciava su Rimediabile, sito di informazione alternativa ormai fuori rete. Sono stati revisionati per questa pubblicazione e sono state aggiunte le due parti narrative del prologo e del finale tramite un lavoro di scrittura collettiva a firma Mikey Dread ( Ciava, Crescio, Pizzi e Leone).

mercoledì 10 ottobre 2012

Il taccuino di Mario: appunti n°2


1 Max Biaggi ancora corre. E vince.

2 Sì, è quello che stava con la Falchi, e no, non ci sta più adesso.

3 Massa è tornato sul podio e se la tira pure: "A volte va meglio a me, a volte meglio a Fernando (Alonso ndr)". No Felipe, 99 su 100 va meglio a lui e ogni tanto, quando lui lo buttano fuori alla prima curva, va meglio a te.

4 Capitan Mai Vs Zemanlandia.

5 Sarebbe dovuto essere il derby di El Shaarawy e Coutinho. E' stato il derby degli sbadigli.

6 No, non so con chi stia adesso la Falchi.

7 Sì, è quella che stava con Ricucci.

8 Pato di nuovo in gruppo. Il gruppo della terapia di gruppo.

9 Federer minacciato di morte a Shangai. La polizia è sulle tracce del sospettato. Accento spagnolo, sponsorizzato Nike, con il braccio sinistro più grande del destro.

10 No, cazzo, non so con chi stia adesso Biaggi.


Mario Savina

lunedì 8 ottobre 2012

Il solito


Il classico. Emozioni che rotolano su un campo verde. Il solito. Barcellona-Real Madrid non smette mai di regalarci emozioni forti. Un miliardo di anime calcistiche in cerca di bel gioco emigrano simultaneamente nell’oasi futbolistica spagnola. Per novanta minuti la crisi è riposta nel dimenticatoio mentre arbitri, giocatori e spalti sostituiscono banchieri, partiti e parlamenti.

A fronte del clasico il derby di Milano diventa una partita tra scapoli e ammogliati. Impossibile che Sky non lo trasmetta in Italia. Con tutti i soldi che riceve dai clienti, riassume in una profonda analisi un utente del cinguettio più assordante del ventunesimo millennio, che si firma Emi_bar. Concludendo filosoficamente: “però te fanno vedè Cittadella-Gubbio”.

L’inadeguatezza dei canali sportivi italiani è quindi dribblata, da noi amanti del bel gioco, con un fulminante doppio passo informatico.

Le indiscrezioni riguardanti la coreografia si rivelano esatte. Novantotto mila tasselli colorati tinteggiano il Camp Nou disegnando un’immensa senyera, la bandiera catalana, mentre il pubblico intona le note dell’inno barcellonista “Tot el camp, és un clam, som la gent blaugrana”..."Una bandera ens agermana". Una bandiera ci rende fratelli. Anche se sarebbe meglio dire "due" in questo caso: quella del Barcellona e quella catalana. 

Il colpo di scena è al minuto 17 e 14 secondi, che ricorda il 1714, data della conquista spagnola e della derrota della Catalogna. Dagli spalti si alza un coro unanime :“Indipendencia”.

L’effetto è impressionante. Lo stadio è trasformato in teatro, spazio pubblico dove va in scena l’epica battaglia.

Nelle parole del grande scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán “Il Barça è l’esercito disarmato della Catalogna” e agli occhi di molti tifosi blaugrana il Real di Mourinho non solo rappresenta la tanto odiata corona spagnola, ma un esercito rivale, formato da mercenari provenienti da tutto il mondo e guidati da un reietto traduttore portoghese che quando assisteva Bobby Robson alla guida della compagine catalana gridava: “ Hoy, mañana y siempre con el Barça en el corazon”. Alto tradimento.

Quale migliora occasione, dopo la diada dell’undici settembre e il milione di manifestanti in piazza, per reclamare un sentimento largamente condiviso e guadagnare visibilità nel mondo intero.


Ma la partita si gioca sul campo. Abbandonati i convenevoli di benvingut, i veri protagonisti guadagnano la scena. Il Barcellona schiera un’inedita linea difensiva con Adriano e Mascherano come centrali, non disponendo degli infortunati Puyol e Piqué. Mourinho fa fruttare i quarantadue milioni di euro spesi quest'estate lasciando Modrić in panchina. Oltre al croato il Real ha caldamente accomodati nel ruolo di riserve: Essien, Kakà, Higuain. Delle seconde linee che farebbero gola a sceicchi ed oligarchi di entrambi gli emisferi calcistici.

La partita inizia come un Classico. Solito palleggio rapido e calibrato del Barcellona e le merengues  che attendono compatte e ordinate, pronte a colpire con improvvisi contropiedi.

La situazione si sblocca al ventesimo del primo tempo. L’azione parte da un cambio di campo illuminante di Xabi Alonso. Özilavendo una lunga storia d’amore con l’oggetto in arrivo, stoppa deliziosamente. Il risultato delle sue carezze sarà un amplesso multiplo: Di Maria, nuovamente Özil, Marcelo, tacco per Khedira, Benzema, protezione del pallone da attaccante di razza e sorti della sfera deposte nei piedi di Ronaldo che la destina alle spalle di un impotente Valdes. Un’azione alla Barça. Zero ad uno.

Calma. Calma. Calma Il gesto del portoghese ammutolisce il Camp Nou. A peggiorare la scricchiolante struttura culè, ferita nell'orgoglio, ci pensa Dani Alves che esce per infortunio al ventottesimo. Entra Montoya. La difesa del Barcellona ora sembra una scolaresca invitata alla prima di Shining.

Ma gli ingranaggi dell'Arancia Meccanica di Tito Vilanova si rimettono presto in ordine. Classica incursione centrale dell’orchestra guidata da Xavi e Iniesta. Palla larga verso l’esterno a Pedro, un cross deviato due volte e una scomposta elevazione di Pepe. Un guizzo di Messi a tu per tu con Casillas. Pareggio.

Il secondo tempo parte con l’acceleratore. Scambi vertiginosi, classici duelli, duri contrasti e un rigore reclamato per parte. Poi al sessantesimo una Pulce argentina, catalana d'adozione, erede del genio di Dalì, con una pennellata estesa, disegna un baffo ricurvo, una traiettoria surrealista, che finisce sotto il sette inutilmente protetto da un Casillas in caduta libera.

Esplosione di gioia. Esultanza incontenibile. Di questo parlava poco settimane fa Sandro Rosell, presidente del Barcellona. I nostri ad ogni gol gioiscono sempre. Non come altri. Riferito al tanto odiato Cristiano Ronaldo, nemesi di Messi.

Destino vuole che sotto gli occhi dei centomila tifosi blaugrana segni un’altra volta il portoghese. Cristiano 2, Lionel 2. Freddezza di un cecchino professionista e genio di un bambino spensierato. Due facce della stessa medaglia.

Le speranze catalane di una clamoroso finale si fermano prima contro una monarchica traversa, che si oppone alla maestria indipendentista del tikitaka e al tiro del giovane Montoya, e successivamente muoiono sul fondo, al lato del reale Casillas, soffocate nel fiatone di un Pedro troppo stanco per concludere lucidamente.

Pareggio. Un risultato che in situazioni di classifica differenti avrebbe giovato al Madrid, ospite nella bolgia del Camp Nou, ma che di fatto lascia invariata un'impietosa classifica che vede Mourinho ed i suoi inseguire le mire monopoliste blaugrana a meno otto punti.

Un pareggio più netto per i Messisti e Cr7isti che continueranno senza sosta il loro scontro di religioni, di visioni opposte del mondo del Calcio e di infinite diatribe citando doppi passi, palloni d'oro e tagli di capelli. Io nel mio relativismo continuo ad apprezzare e ad amare i gregari ed i rifinitori oscuri: Xabi Alonso, Özil, Xavi, Iniesta e Busquets.

Una vittoria simbolica per gli indipendentisti. Un pareggio amaro per Mou e un pareggio felice per Tito Vilanova. Una vittoria per gli amanti del bel gioco. Un Classico mai al di sotto delle aspettative. Un Classico inedito, per l'assenza di strascichi polemici, risse da bar e accanimento verso l'arbitro. Un Classico da godersi sugli spalti e nel campo. Il solito. Ma ogni volta sempre migliore di quello precedente...


mercoledì 3 ottobre 2012

Il taccuino di Mario: appunti n°1


Breve e cinica rassegna stampa curata da Mario Savina: giovane filmaker, asso mancato della pallacanestro e del battimuro sincronizzato, attore, cantastorie, nonché ideatore del pungente videoblog "Il Diario di Mario", nonché....vabbè basta altrimenti il curriculum diventa più lungo dei 10 punti che riassumono la settimana sportiva appena andata in scena...




1 "Il Corriere dello Sport" on-line è un valido concorrente di youporn.

2 Il Milan fa ridere.

3 La Roma fa piangere.

4 La Lazio fa.

5 Gli agnelli se so mangiati i lupi.

6 Schumacher è senza volante, Massa invece ne ha uno. Trova il problema.

7 Valentino Rossi : Ducati = Alessandra Mussolini : Bon ton.

8 L'Europa vince la Ryder Cup di golf. Una nazione che non esiste vince un trofeo che fino a ieri nessuno sapeva esistesse.

9 Calcio scommesse: Masiello patteggia un anno e dieci mesi. Continuerà comunque a giocare dallo skybox.

10 La finanza fa irruzione nella sede del Napoli. Nemmeno loro si spiegano come si possa pagare così tanto Aronica.




Mario Savina.