giovedì 25 ottobre 2012

La tragedia del Luzhniki

Spoorts and Culture- La tragedia del Luzhniki


Mosca 20 ottobre 1982 - Un disastro dimenticato, riemerso dall'oblio solo dopo il crollo dell'Urss.

Allo stadio Lenin, ora Luzhniki, si giocano i sedicesimi di finale di Coppa Uefa. A fronteggiare la squadra di casa, il mitico Spartak di Mosca, c’è l’Haarlem, modesta compagine olandese, orfana del talentuoso ventenne Ruud Gullit, appena trasferitosi alla corte del Feyenoord. 



Negli ultimi due anni il calcio sovietico si difende piuttosto bene: alle Olimpiadi di Mosca del 1980 la nazionale si classifica terza e ai Mondiali del 1982, guidata dai gol del bomber ucraino Oleh Blochin, riesce a superare il primo turno nel girone del Brasile. Solo la differenza reti le impedisce di approdare in semifinale al posto della Polonia di Boniek.

Sul campo politico invece, lo Stato sovietico si avvia ansimante verso lo scadere dei tempi supplementari, la sua fase terminale. La guerra in Afghanistan, giunta al terzo anno, sta lentamente diventando il Vietnam dell’URSS e una brutta malattia logora il vecchio leader Leonid Brežnev, settantasette primavere, al potere da diciotto inverni, a cui va aggiunta la destabilizzante incognita sulla sua prossima successione.

A peggiorare la situazione, un nuovo inasprimento delle relazioni con gli Stati Uniti. Da due anni, nello studio cinematografico della Casa Bianca, siede un presidente ex attore di Hollywood, con una particolare passione per l’Antico Testamento. La glasnost, la politica di trasparenza voluta da Gorbaciov, è ancora lontana. Della tragedia del Luzhniki, per anni, nessuno seppe niente. 

Una partita come tante che si trasforma in uno dei maggiori disastri della storia del calcio. A Mosca poche migliaia di persone, forse 15 mila, sfidano il Generale Inverno e vanno allo stadio. 

La maggior parte viene fatta sistemare su una sola tribuna, probabilmente perché è l’unica in cui la neve è stata spazzata. Al 16° del primo tempo un gol del modesto Edgar Gees porta in vantaggio i padroni di casa, poi fino all’85° nulla. I troppi gradi sotto lo zero congelano la partita e molti spettatori decidono di tornare a casa prima della fine. Mentre la gente sfolla, Sergej Aleksandrovič Švecov, difensore dello Spartak, segna il gol del  2-0. Con la polizia colta di sorpresa, molti tentano di rientrare; è il panico. Da lì un buco nero, si passa dall’agitazione ai morti; non c’è una dinamica chiara, un responsabile, un cedimento. Niente. 


Non esistono numeri ufficiali: alcuni dicono 66 morti, altri 134, 340, 350. Tanti dubbi sul tragico sviluppo: c’è chi parla di un crollo della scalinata a causa di uno schiacciamento dei tifosi e chi racconta di scontri con la polizia. 

Il giorno dopo a Mosca nessuno sa nulla: la trasparenza non è certo il forte di un regime come quello sovietico. Un giornale parla brevemente del crollo di una scala allo stadio e di alcuni morti. Nessuna inchiesta ufficiale, tranne una messa in scena che vede come unico imputato il custode dello stadio, uno Yuri qualsiasi, condannato a diciotto mesi di lavori forzati. Per anni, la tragedia è insabbiata. Per un lungo periodo le porte dello stadio rimangono chiuse per evitare imbarazzanti commemorazioni. 

La storia viene dimenticata fino al 1989, quando ormai l’esistenza dell’Urss è vicina al triplice fischio: la glasnost ha ormai preso il posto della politica dei segreti di Stato, e catastrofi anche maggiori, come quella di Černobyl', sono rese pubbliche. Il 18 aprile 1989 un settimanale sovietico pubblica un elenco di tragedie negli stadi, includendo quella del Luhzniki. Appena tre giorni prima, allo stadio Hillsborough di Sheffield, novantasei tifosi del Liverpool morirono in un’altra ressa durante la semifinale della Coppa d’Inghilterra tra Liverpool e Nottingham Forest.

La partita tra Spartak e Haarlem, quel giorno, continuò lo stesso. Lo Spartak Mosca passò il turno grazie al tragico 2-0 e all’ 1-3 del ritorno in Olanda, ma venne eliminato agli ottavi dal Valencia. La Coppa Uefa andò all’Anderlecht, che sconfisse il Benfica nella doppia finale. 


Lion e Mikey Dread

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