Si condannino i fischi all’inno. Non si condanni una
spettacolarizzazione sfrenata del calcio. Non si condanni la scelta di far
cantare quell’inno alla prima cantante di passaggio, ripescata o scoperta in
qualche reality show, nella patria dei televoti.
Si condannino i fischi e non si condannino i politici,
leghisti e non, che ogni giorno offendono la patria silenziosamente. Si
condannino i fischi all’inno e non si condanni a parole chi siede su quelle
tribune, che l’Italia e il suo sport ha rovinato.
Che si condannino per una volta i fischi all’inno, di questa
patria tricolore che troppo spesso si dimentica dei suoi figli.
Che si condannino i fischi e non si condannino i tagli. Che
si condannino i napoletani e le loro tarantelle e non si condannino i giochi di
potere romani.
Che si condannino i fischiatori e non si condannino gli
eversori, gli evasori e i revisionisti della Liberazione.
Chi condanna e chi si scandalizza ha preso fischi per
fiaschi.
Che si prendano tutti i fischi Schifani, Lapo Elkann,
Napoleone e Garibaldi. Che son meglio i fischi del silenzio assordante, dell’omertà
o delle grida a squarciagola per difendere una patria, sempre meno amata, che
molto toglie e poco dona. Fischiando si tiene sveglia l’attenzione.
Noi che condanniamo senza spiegazioni, faremmo bene a riflettere sui motivi e sulle cause, e ci accorgeremmo che dopo
qualche istante, pensandoci su, fischietteremmo anche noi.
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