Ospite di questo blog Mario Savina, un caro cugino lupacchiotto.
Questo
è un blog di un laziale, e io laziale non lo sono proprio. Sono romanista, lo
sono da sempre, con moderazione, senza eccessi, senza slogan, ma da sempre. Mi
piace lo sport in generale, calcio incluso, ma non ho nessun gladiatore tatuato
sul bicipite, né catenine con lupetti d’oro con un piccolo rubino rosso al
posto dell’occhio. Sono uno che segue il calcio perché è bello fare due
chiacchiere con gli amici, sfotterli quando si vince, essere sfottuti quando si
perde. Perché di calcio parli con tutti, non importa il paese d’origine o l’età.
Sono uno che ama lo sport, i valori che questo porta con sé, sono uno che ha
giocato a basket per anni perché è uno sport per gentleman, sono uno che
rispetta l’avversario e accetta la sconfitta, però…QUEST’ANNO VE FAMO ER CULO!
Zeman!
Potete di quello che ve pare, che è pure vostro, che ha allenato più er Foggia
de quanto abbia allenato la Roma, che nun ha mai vinto ‘n cazzo, che a dilla
tutta la sua prima squadra era a Palermo, ma a noi non ce cambia assolutamente
niente, er Boemo è roba nostra, come er Colosseo e la fontana de Trevi, come
Roma Capoccia e la Lupa Capitolina.
Zeman, anzi, Zema, è romanista, punto.
“Ole, ole, oleoleoleeee, Zema, Zema!” Il romano, si sa, non c’ha un buon
rapporto con i suoni tronchi, Bar-Bare,
Film-Filme, SUV-Suvve, così anche Zeman se deve adeguà, Zeman-Zema.
Dopo ‘n anno de tikitake, solo all’idea de potè vedè na
verticalizzazione, il tifoso romanista è corso in massa a sottoscrive
l’abbonamento pe’ na stagione che se preannuncia piena de arti e bassi, de
stelle e de stalle, de gol-go fatti e
subiti. E che importa se già alla prima giornata pareggi due a due co du’ gol-go in fuorigioco?
Che importa se ancora
prima de inizià il campionato ce sta l’intero quadro dirigenziale della
Juventus che te pia per culo, proprio loro che se piano per culo da soli co sta
storia dei 30 scudetti, dei 10 mesi de squalifica de Conte (mai cognome fu meno
azzeccato)? A noi dei conti non ce frega niente, a noi ce piacciono i Baroni,
intesi come Liedholm e i marchesi intesi come Alberto Sordi.
Zema è più de ‘n
allenatore, de un Mister-Miste, è un
maestro, un Guru, un santone, un Dio. Pure un comunista se serve a fa
incazzà quarche giornalista scemo de Libero. A noi ce fa piacere, sapè che fra
un assenzio e l’altro, nella redazione del giornale de Berlusconi, pure loro,
così lontani da Roma, se sentono toccati da st’omo-totem, da sta faccia rugosa
e da sta voce cavernosa intagliata nella nicotina. Che è per caso uscito un
articolo su Petkovic? Quarcuno s’è interessato ai suoi trascorsi, alle sue
abitudini, alle sue denunce? Che poi, tra de noi se lo potemo pure dì: ma chi
cazzo è Petkovic? No perché, campanilismo a parte, sur serio, ma chi cazzo
è?
Non importa, se stava a parlà de Zema
no? Der guru, de quello che, io avendo 10 anni nel 1997, non avevo mai
veramente potuto capì fino in fondo, ma che ar Bar-Bare prima o poi esce sempre fori, “Me ricordo quando c’era Zema”,
“Se te devi pià Luis-Luisse Enrique-Erriche, a sto punto pijateZema, armeno
te diverti”. Ecco sto fatto dell’ “Armeno te diverti”, m’ha sempre stuzzicato
la fantasia, m’ha sempre riempito de gioa, de speranza. Se er vecchio
‘mbriaconeder Bar-Bare, se poteva
ancora entusiasmà de fronte a un semplice nome de un Boemo, allora voleva di
che il calcio poteva ancora esse ‘no sport-sporte,‘n
divertimento, no spettacolo, ‘na festa.
A dì la verità dopo la prima partita,
più che er soriso del vecchio ‘mbriacone m'è venuta alla mente ‘na frase de
‘nlaziale, de uno de quelli che del bel gioco non je ne po’ fregà de meno, che
poi non è colpa sua se quando io c’avevo Spalletti, lui c’aveva Rossi o Reja,
però m’è venuta in mente fulminea, “Co Zeman nun se vince ‘ncazzo”. Come se
senza avessimo mai vinto qualcosa. Ecco a me sta guera tra poveri, tra morti de
fame, tra du squadre che se dovessero sommà i trofei non raggiungerebbero
comunque quelli della Pro Vercelli, m’ha sempre messo na certa tristezza, ‘n
senso de malinconia.
I laziali continuano a comprà solo frutta DelMonte,
passate de sugo e pelati Cirio, i romanisti, seppure sia ormai altissima
continuano a pagà la polizza INA assitalia per la loro Mazda, perché in qualche
modo, ste piccole cose je ricordano un’epoca lontana, prima della crisi, prima
de Cragnotti e prima der crack della Italpetroli, prima de diventà spa, prima
der ventunesimo secolo, o subito dopo, prima de calciopoli, prima dei 30
scudetti e de Vieri pedinato, prima de “poporoppopopooopo”, prima dei video
dalla curva con l’iPhone, prima della tessera der tifoso, degli striscioni
faxati e prima de tutto questo c’era un solo uomo che c’è pure adesso e che se
po’ permette de girà a testa alta: Zema!
Lui per un po’ è sparito, l’hanno
fatto sparì, l’hanno rilegato a un calcio infame, pieno de terra e de turchi,
un calcio minore ma più pulito, più normale. E lui, Zema, s’è stato zitto, ha
lavorato, s’è invecchiato continuando a fumà come tutta la tribù de Toro
seduto, fuori dalle cronache aspettando de tornà, prima o poi nel calcio che
conta. E per lui, l’ha detto subito, il calcio che conta è la Roma, che voi o
non voi, pe culo o per bravura, è stata fuori da tutti questi scandali e
scandalucci degli ultimi anni e che solo così se po’ merità il boemo.
E adesso
ci siamo 3 a 1 all’Inter-Inte, e pure
il più scettico degli scettici mo, quantomeno sta zitto e guarda, in attesa del
primo passo falso, del primo 4 a 0 in casa, che ci sarà, perché Zema è anche
questo, Zema è come un’abbuffata quando c’hai fame, un piatto de bucatini dopo
un anno de Luis Enrique, na cacio e pepe senza acqua de cottura: il mal de
pancia lo devi mette in conto, ma chi se ne frega! E chi se ne frega pure se
Zema mente, sapendo di mentire quando dice che la Roma è al completo, che Piris
è un vero giocatore di calcio e non il vincitore del concorso “Gratta e
Sabatini”, che Dodò recupererà presto e che Totti non gioca trequartista. Non
importa quando ‘nbranco de pischelli corre che è na
meraviglia, quando Florenzi se beve tutto il centrocampo dell’Inter e er greco
sembra un colosso.
Non importa perché finchè c’è Zeman c’è speranza.
Mario Savina.
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