Mi ricordo da giovane agli Europei del 68, gli unici
vinti dagli azzurri, quando il calcio era altra cosa e il mondo era un altro
mondo, ma non bastava che fosse diverso da ora, si voleva cambiarlo
radicalmente e sono sicuro che se avessero saputo che ci sarebbe toccata la drastica
realtà attuale, i giovani sessantottini non avrebbero alzato un dito, preferendo
un vile mondo borghese al capitalismo moderno di oggi.
Si ma che te ricordi? Non stavi a parlà dell’Europei?
Sempre co ste storie de politica.
.
A regazzì io er monno l’ho vissuto sulla mia pelle, non
annà de prescia che arivo ar dunque.
Mi ricordo, dicevo, da giovane agli Europei del 68, gli
unici vinti dagli azzurri, quando il calcio era altra cosa, che a quei tempi
non avevamo bisogna di tecnologia, il calcio era semplicemente poesia. Due anni
prima durante la coppa del Mondo che si chiamava ancora coppa Jules Rimet, l’Inghilterra
si aggiudicò il suo unico titolo mondiale grazie a un gol fantasma. A quei
tempi non giravano tutti questi soldi e un gol annullato o convalidato non
spostava miliardi ma forse qualche quintale di gioia e muoveva
qualche piccolo numero negli albi d’oro. Assistenti di linea e ausiliari del
traffico ancora non esistevano.
Ma de che stamo a parlà der 66 o der 68 famme capì?
Ao il calcio è ncontinuo fluire, nt’agità mo arivo ar
punto.
Insomma la tecnologia non esisteva, le regole di allora
erano inconcepibili per i ritmi calcistici moderni.
Nel 68 passammo la semifinale contro l’Urss, la grande
madre dell’est, grazie al lancio della monetina, dopo i tempi supplementari
finiti in pareggio. I rigori non esistevano e sono stati inventati da un agente
della Cia, qualche anno più tardi, in accordo con una lobby cestistica di
Boston.
Un calcio che non esiste più. Hai capito? E non credere
che sia finita qui.
In finale incontrammo la Jugoslavia. Nazioni che non
esistono più, altri mondi, un altro calcio, il buco dell’ozono era il contrario
del catenaccio, i palloni erano di ghisa, altro che Cristiano Ronaldo e il suo
gel.
Lo stadio Olimpico era stracolmo. Pareggiamo zero a zero
e sai che succedeva nel 68 se pareggiavi in finale? Dovevi rigiocare la
partita. Un’ altra volta. Un altro calcio regazzì. Niente Di Biagio, niente
Baggio, niente Ramos, niente Toldo e De Boer. Decideva la monetina, che io dico
l’euro e i mercati finanziari sono padroni delle nostre vite e una monetina non
può decidere l’esito di una partita?
Altrimenti se era una finale si rigiocava, altro che
rigori. Come fanno ancora oggi in quella coppa inglese che non mi ricordo mai
quale è, che so troppe le coppe in Inghilterra e a noi c’è rimasta solo la
pubblicità della Tim per quella mezza competizione che chiamiamo Coppa Italia.
Siamo andati all’Olimpico. Siamo tornati a casa e due
giorni dopo ci siamo ripresentati all’Olimpico per la ripetizione della finale.
Adrenalina era una parola che ancora non avevano inventato. Deja vù, stress,
marketing, show business non facevano parte del nostro vocabolario calcistico.
Hai capito sì? Che volemo fa voi che te parlo della
Grande Olanda? Del Calcio Totale? Della Danimarca del 92 ripescata dopo l’esclusione
della Jugoslavia?
Mo che c’avete voi regazzì? E pubblicità daa Nike,
tiettele strette.
Prima de tutto ogni giorno a stesso storia. Secondo me stavo a pia
ncaffè tranquillo ar bar non t’ho chiesto niente io, hai fatto tutto da solo e se
proprio lo voi sape noi gioventù calcistica tecnologica di oggi abbiamo
Repubblica Ceca-Portogallo.
Ma che stai a dì?
Devi sapere che per la nostra generazione questa partita
è un cult. Ha un gusto vintage tecnologico. Ti spiego.
Per me il massimo dell’elogio di un calcio perduto sono i
mondiali del 94, i primi di cui abbia ricordo. Romario, Bebeto, Baggio, Lalas,
Ococha, Taffarel che si legge Taffareu. Siamo giovani e la memoria è giovane.
Siamo stati costretti a crearci dei miti fittizi e tecnologici.
Repubblica Ceca-Portogallo è uno di questi.
Nelle estenuanti sessioni calcistiche digitali abbiamo
sognato tornei, campioni, mondiali ed europei.
Eliminando Brasile, Argentina, Italia, Spagna e le
corazzate dei club, Repubblica Ceca-Portogallo era un classico delle partite di Pes
di livello medio-simpatico.
Hanno giocato un migliaio di finali tra amici. Nedved,
Luis Figo, Joa Pinto, Nuño Gomez, Jan Koller e le sue sponde, Rui Costa e Karel
Pobolski te sei portato i caschi.
Non servivano accordi, biscotti o combine. Se un tuo
avversario sceglieva la Repubblica Ceca te sceglievi automaticamente il Portogallo.Il rosso
accesso contro il verde. La speranza e il sangue versato in campo.
Oggi per noi giovani drogati di cerchio-triangolo-iccse-quadrato
sarà come una finale casalinga e se non ci fosse stato l’odiato Cristiano
Ronaldo nelle file dei lusitani avremmo tirato una monetina per scegliere chi
tifare.
All’Europeo del 2004 sognavamo tutti una finale tra
queste due grandi squadre, ma la Repubblica Ceca fu eliminata in semifinale
dalla Grecia, vincitrice a sorpresa di quella manifestazione. Hai capito sì
vecchiè? La Grecia. Mica solo voi avete avuto la poesia, la Danimarca, l’Urss,
il Nottingham Forest e il Grande Toro. Noi abbiamo la Grecia, il Porto, l’Alaves,
il Valencia eterno perdente e la Repubblica Ceca.
A regazzì vedi d’annattene va. Che quanno er calcio aveva
er diritto de chiamasse tale sta squadraccia che dici te manco esisteva. Se
chiamava Cecoslovacchia. Hai capito si? No come quelle pippe della Slovacchia che vi hanno passato la sveja a voi nuove generazioni nei mondiali del 2010. N’artro calcio, n’artro mondo.Cecoslavacchia,
Jugoslavia, Urss.
Se i sessantottini per le strade ed i capitani di Urss e Italia
nello spogliatoio avessero saputo che questo mondo e questo sport sarebbero
finiti così, i primi sarebbero rimasti a casa, caldi in poltrona, ed i secondi
avrebbero conservato quella monetina per tirargliela in fronte a Cristiano
Ronaldo.
Goditi sto Repubblica Ceca-Portogallo che io me conservo i miei de ricordi.
N’altro mondo, n’altro calcio.
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