martedì 10 gennaio 2012

Il Pallone d'oro alla carriera.

Il Pallone d’Oro 2011 è stato consegnato a Lionel Messi. Un gesto che ha posto un sigillo immaginario alla competizione del premio per il miglior giocatore del mondo. Sarà così per molto tempo, a meno che un cataclisma non cambi le attuali gerarchie calcistiche o che il Barcellona si prenda un anno sabbatico lontano dai campi. Certo, come si sarebbe potuto dare il Pallone d’Oro, quest’anno, ad un altro giocatore, se l’anno scorso, anche dopo una Champions League vinta dall’Inter di Mourinho e un’eliminazione umiliante dell’Argentina contro una grande Germania ai mondiali sudafricani, la Pulce era stata premiata nuovamente, per la seconda volta, come migliore creatura nel globo a forma di palla?
Da quando Messi è Messi, il premio si è adattato alle magie del campione argentino. Un sonnifero allegro per i giurati, per gli spettatori e per gli appassionati di calcio di tutto il mondo. Iniesta, Xavi, Snejder, Eto’o o Forlan potranno vincere quanti più trofei una bacheca può sopportare, potranno portare club o nazionali sgangherate alla conquista di finali e semifinali mondiali, ma finché la Pulce salterà di campo in campo, seminando prurito e fastidio nelle file difensive avversarie, non c’è ragnatela di passaggi che tenga: il mondo ha bisogno di un solo eroe.
Il Palcoscenico di incoronazione è allestito a Zurigo, dove è celebrato il Calcio moderno in un’atmosfera che è un misto tra galà e ritrovo di famiglia.
Sky dedica un’ ampia presentazione alla cerimonia con ospiti in studio, i quali si sfidano a colpi di pronostici e motivazioni. A Messi si perdona il fatto di non aver vinto niente con la nazionale ma a Guardiola si rimprovera, in parte, di aver vinto solo col Barcellona. Strani concetti costacurtiani.
Il collegamento della Svizzera ha inizio e sono costretto a cambiare canale dopo neanche due minuti. I conduttori in studio, Trevisani e Cattaneo, parlano sopra i presentatori ufficiali, spesso anche fuori tema, in segno di poco rispetto per lo spettatore attento. Decido di mettere l’opzione in lingua originale ma la mia delusione è massima quando scopro che in qualsiasi caso sarò costretto a sentire la voce dell’interprete italiana. Voglio sentire i protagonisti che parlano, le loro espressioni, il loro inglese zoppicante, i sorrisi e le pause. Messi tradotto dallo studio diventa uno scugnizzo che parla un italiano accademico. Io voglio il Messi argentino, cresciuto a Rosario.
Sono quindi costretto a cambiare su Eurosport, dove la cerimonia è in versione integrale, senza interruzioni dallo studio.
I presentatori sono una signora nonsochissia e Ruud Gullit in persona. Le signore passano in secondo piano, qui si parla di Calcio e anche un’avvenente Shakira, di rosso vestita, passa quasi inosservata in confronto alle apparizioni di Zinedine Zidane e Ronaldo. I balletti li lasciamo per altre occasioni, questa è la casa dei doppi passi e delle finte smarcanti.
La presentatrice oltretutto nell'annunciare i tre contendenti commette un errore inammissibile : pronunciando il nome di Lionel Messi si lascia trasportare da un’enfasi esagerata. Già è tutto scritto; oltre ai pronostici ora anche le urla della presentatrice fanno intendere chi sarà il vincitore di questa edizione.
Ma la trama della serata prevede prima il climax delle premiazioni “secondarie”. Viene premiato il miglior allenatore di squadra femminili : un giapponese che si addentra in una tiritera in nipponico stretto. Dalla televisione non si vede se i presenti abbiano degli auricolari per la traduzione simultanea. In un momento di pausa del discorso la gente non sa se applaudire, ma l’audience, composta prevalentemente da campioni indiscussi, è spigliata con il giapponese, imparato nelle lunghe trasferte per le partite di Coppa Intercontinentale e Mundialito, e sa che bisogna applaudire solo dopo aver ascoltato la parola : arigatohh.
Miglior giocatrice donna è una giapponese vestita da geisha, premiata da Shakira, che scalza dal trono la brasiliana Marta vincitrice del premio ininterrottamente dal 2006 al 2010 ( prima Fifa World Player e successivamente Balon d’Or).
Il Giappone a livello femminile come la Spagna per intenderci.
Le premiazioni interessanti si avvicinano. Il Presidential Award è vinto da Sir Alex Ferguson. Blatter impiega cinque minuti di orologio per elencare tutto quello che ha vinto l’allenatore scozzese nella sua carriera.
Chi si aspetta discorsi strappa lacrime ha sbagliato palcoscenico, qui non siamo agli Oscar. Ferguson prende il microfono, rilassato e solo leggermente emozionato. Con un accento scozzese, di cui a volte si perde qualche parola per strada dice: “ Grazie per questo premio, la mia fortuna è stata avere grandi fuoriclasse in questi anni di carriera al Manchester. Nel calcio contano i risultati. Conta vincere ed è quello che continuerò a fare. Cercare di vincere.” Freddo e spietato, un grande uomo, senza fronzoli ed eccessi, la nuda verità.
Guardiola è premiato come miglior allenatore tra il terzetto che comprende lo stesso Ferguson e l’assente Mourinho; non presentatosi alla cerimonia così come i calciatori del Real Madrid invitati: Xabi Alonso, Ramos, Casillas e Cristiano Ronaldo. Per preparare la partita di oggi ( martedì ndr) contro il Malaga. Anche se è naturale pensare che l’assenza sia voluta anche per evitare di assistere alle vittorie degli eterni rivali catalani.
L’allenatore del Barcellona dedica, in primis, il premio ai suoi due contendenti. Successivamente a tutto l’apparato della società  dal presidente ai raccheta palle. Poi ripropone un concetto già espresso durante il conferimento della medaglia d’oro del Parlamento catalano, per il quale lui non è altro che l’”escollit” ( scelto, prescelto) per portare avanti un lavoro iniziato generazioni fa. Il suo unico merito. Ultima dedica, infine, con un rapido cambio inglese-catalano al suo assistente Tito Vilanova.
Il premio Puskas per il miglior gol dell’anno è assegnato a Neymar. Serpentina contro il Flamenco e gioco di prestigio all’ultimo difensore prima di marcare la rete. Sconfitti il gol di Messi contro l’Arsenal, pallonetto soffice al portiere e tiro di contro balzo e quello che a mio avviso sarebbe dovuto essere premiato : rovesciata di Rooney contro il Manchester City. Il gol è stato votato dagli internauti e credo abbia prevalso la “modernità” delle finte di Neymar e il fascino creato attorno alla sua immagine ultimamente, contro una “pura”, “classica” e “antica” rovesciata dell’attaccante inglese. Un gesto tanto semplice e complesso allo stesso tempo, che sicuro rimarrà impresso nella memoria degli appassionati più a lungo del gol del brasiliano.
Uno dei premi più significativi e indicativi della nostra era calcistica è quello che incorona la formazione tipo: i migliori undici giocatori del mondo.
Il modulo è un 4-3-3 : Casillas, Dani Alves, Piquè, Vidic, Sergio Ramos, Xabi Alonso, Xavi, Iniesta, Cristiano Ronaldo, Messi, Rooney.
Esclusi il difensore e l’attaccante dello United vi sono solo giocatori che militano con il Real e con il Barça, con prevalenza di spagnoli( sei su undici). La nuova mappa del calcio mondiale. Non solo tra i migliri non è presente neanche un giocatore italiano, ma neanche uno che militi nel nostro campionato.

Accecati dalle piccole beghe del nostro cortile non ci siamo resi conto che il calcio ormai ha preso la valigia ed è emigrato dallo Stivale. I giocatori di prima classe, viaggiano oramai solo verso Inghilterra e Spagna. 
Con che pretesto si può convincere un fuoriclasse a venire in Italia, con la situazione di stadi, club e tifoserie che sono ancora quelle di trent’anni fa? Da noi, non si può negarlo, arrivano solamente seconde scelte, giocatori in esubero, fuori rosa o tutt’al più vecchie glorie alla ricerca di nuovi stimoli.
L’unico italiano presente a Zurigo era Farina, difensore del Gubbio, premio fair play, per aver denunciato ed essersi opposto alle combine di alcune partite di Serie B. Questo la dice tutta sulla situazione attuale del nostro calcio.
Per l'intera cerimonia sul palco si sono avvicendati ognuno con una propria concezione di lingua inglese: Pelè, Karembeu, Lothar Mattheus, Blatter e Shakira. Inoltre sono saliti a ritirare i premi per i calciatori assenti del Real Madrid : Zinedine Zidane e Butragueño.
La passarella di grandi è chiusa dal più grande giocatore degli ultimi vent’anni: Luis Nazario da Lima, anche conosciuto come Ronaldo, O’Fenomeno, salito in cattedra per annunciare finalmente il vincitore del Pallone d’Oro 2011. Parla in spagnolo Ronaldo. La lingua dei campioni del mondo, patria attuale del bel gioco. Il calcio rimodella anche il potere geopolitico.
Si avvera quello che i più noti opinionisti sportivi ripetevano da mesi, in una litania senza sosta : il terzo pallone d’oro consecutivo, eguagliando così il record di Michelle Platini, vincitore dal 1983 al 1985.
Messi nuovamente incoronato re, ma il Pallone d’Oro è un riconoscimento personale e il calcio è un gioco di squadra, per questo la Pulce ancora non è il più forte di tutti i tempi. Escludendo i mostri sacri come Pelè e Maradona, giocatori come Zidane, Cruyff, Platini, Baggio, Iniesta o Matthaus hanno saputo colmare quel vuoto di tecnica che li distacca da Messi con altre doti e personalità, portando i loro club o le loro nazionali sul tetto più alto del mondo o ad un soffio dal traguardo, dimostrando qualità eccezionali che nessun colpo di tacco o finta di corpo potrà mai eguagliare.
Il Pallone d’oro, indubbiamente, diviene proprietà esclusiva di Lionel Messi per molto tempo a venire. Cosa dovrà mai accadere perché un giocatore come Iniesta possa trionfare in questa competizione?
I successi della Pulce sono meritati, senza ombra di dubbio, però la situazione attuale, merita, secondo me, alcune considerazioni.
Negli ultimi trent’anni, per restringere il raggio d’analisi, il Pallone d’Oro è stato sempre vinto da attaccanti, se si escludono solamente Cannavaro ( 2006) Sammer ( 1996), entrambi i premi conditi da un’infinità di polemiche, il tuttofare Matthaus ( 1990) e i centrocampisti, non certo difensivi, Figo ( 2000) e Nedved ( 2003). Un premio votato all’attacco quindi che, tra le tante qualità calcistiche, ne premia solo una.
Un’altra concezione fuorviante è sicuramente il premio su base annua. Sembra che alcune volte valgano le competizioni ( Cannavaro 2006) e altre no ( Iniesta o Snejder 2010). Oltretutto ci sono giocatori che possono fare un’annata eccezionale e sparire l’anno successivo ( lo stesso Cannavaro) mentre il lavoro di altri giocatori si riesce a quantificare solo in archi di tempi più lunghi: penso a Xavi, che da anni muove il gioco della squadra più forte al mondo quasi silenziosamente.
Per questo la Fifa, che è rappresentazione vivente del Calcio Moderno, con tutti i suoi difetti e pregi, per una volta, da gran baraccone commerciale e mediatico che è diventato, non farebbe male a imitare e prendere in prestito un’idea da un altro grande circo mondiale: Hollywood.
Parlo dell’istituzione di un Pallone d’oro alla carriera. Cosa diversa dal già esistente “Presidential award” che ha premiato negli anni : Ferguson, la regina di Giordania e l’attrice protagonista di “Sognando Beckham”.
Un premio istituito per calciatori, che per il meccanismo odierno dell’assegnazione del Pallone d’Oro non sono stati in grado di vincerlo, ma lo meriterebbero come Messi merita dieci Palloni d’Oro consecutivi.
Fuoriclasse e giocatori che sono stati un esempio nel campo e hanno fatto innamorare di questo sport milioni di ragazzi. 
Un premio alla carriera, perché il calcio si gioca negli anni e non solo anno per anno.
Come non riconoscere merito a giocatori del calibro di : Giggs, sempreverde guerriero del centrocampo del Manchester, presente sul campo da quando Messi a malapena era nato e otto anni prima che Blatter diventasse presidente della Fifa.
Zanetti: calciatore esempio per onestà e amore del gioco. Vero trascinatore dell’Inter campione d’Europa.
Iniesta: decisivo nella Coppa del Mondo. Dedica il gol della vittoria al defunto capitano dell’Espanyol, squadra rivale nel derby di Barcellona. Grande giocatore e fuoriclasse. Costruttore insieme a Xavi dei tre palloni d’Oro di Messi.
Veron: che a 35 anni trova ancora fantasia e tempo per vincere un campionato nell’Estudiantes, squadra che lo lanciò a soli 19 anni.
Francesco Totti: uno dei migliori giocatore italiani in attività, sempre fedele ai colori giallorossi, che mai ha ceduto alle lusinghe di grandi club stranieri.
Stesso discorso valido per Del Piero.
Maldini: forse il più grande difensore di tutti i tempi, ingiustamente fischiato il giorno dell' addio al calcio dai suoi stessi tifosi.
Buffon: vincitore morale del Pallone d’Oro del 2006. Rimasto alla Juventus retrocessa in Serie B, non scappato come un mercenario verso eserciti stranieri.
Klose: gran marcatore, che pur di conquistare un posto da titolare nei prossimi europei, non solo è andato a giocare con una squadra di almeno due categorie inferiori, ma si è anche abbassato lo stipendio, al contrario di fenomeni parcheggiati in campionati russi e sauditi.
Raul: sempre ad un soffio dal premio, ma mai raggiunto. Bandiera della Casa Blanca e una nuova giovinezza con lo Schalke che lo porta fino alle semifinali di Champions.
Henry: che dopo anni di militanza nell’Arsenal di Wenger, si prende il lusso di tornare per due mesi a 34 anni, di entrare in una partita di Fa cup e segnare il gol della vittoria, in uno stadio che mai lo ha dimenticato. 
E questo rimanendo solo negli ultimi dieci anni. Come loro ce ne sarebbero molti altri che meriterebbero un tale riconoscimento.

Il calcio è anche questo. Non solo trofei, gol, dribbling o vittorie. Il calcio è sudore, emozioni, ricordi e sconfitte.
Henry non cambierebbe mai l’emozione di tornare a casa sua e segnare un gol davanti ai tifosi di sempre neanche per quattro palloni d’oro consecutivi.
Per questo l’istituzione di un Pallone d’oro alla carriera premierebbe chi come lui ci ha fatto innamorare di questo sport. Grandi uomini diventati grandi campioni. Se lo meritano loro e ce lo meritiamo,sicuramente, noi amanti del Calcio.

Ciava.

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